Di seguito i resoconti che sono stati portati al notabile Maifredo Ronzo dopo le missioni svolte. Sono scritti da avventurieri che hanno partecipato a tali missioni, in cambio di qualche moneta d’oro in più: le informazioni riportate sono nella loro prospettiva, e potrebbero contenere qualche inesattezza o incomprensione.

Ventiquattresima sessione

Escursione sul Monte Rododendro

Caro diario, sono sempre io, Lord Opeauf. È così strano scriverti oggi, perché sono quasi morto. Eh si… ci ho quasi lasciato le penne, ma partiamo dal principio. La nostra giornata inizia con un salto ad Andreis, dove ritiriamo un simpatico aquilotto (mica tanto “otto”… era alto quanto me) che decidiamo di lasciar lì fino al nostro ritorno: decidiamo infatti di partire verso il monte Rododendro, per raggiungere il rifugio sulla sua cima e cercare due dispersi, tali Anselmo e Costanza.

Grazie ad una mappa raggiungiamo subito la piana delle zucche (esplosive), dove ci divertiamo a farne esplodere due particolarmente mature. Imbocchiamo poi un sentiero, da cui intravediamo in lontananza, a valle, un pezzo di foresta bruciata e dove subito notiamo una vegetazione più regolare. Il mio occhio attento scorge una fila di sassolini, che delimitano perfettamente il cambio netto di vegetazione; a nulla son serviti i vari tentativi fatti da noi tutti, quei sassolini erano immobili, saldamente ancorati al suolo.

Decidiamo quindi di proseguire lungo un ghiaione, dove accidentalmente scivolo indietro, fino a trovarmi faccia a faccia con 3 esserini indemoniati fatti di polvere, avvolti da un dannato turbine di polvere mista a sassi. Mi sono battuto con onore, ero letteralmente un gigante inferocito! Ma sono quasi morto! Quegli esseri maledetti continuavano a colpirmi e a danneggiarmi (persino quando uccisi, esplodendo sotto forma di pietra). Persi i sensi, sono stato rianimato per miracolo grazie all’aiuto di Alvis, Alchamora e Gaspare, che sconfiggendoli mi hanno protetto e salvato dal peggio. Se solo avessi le capacità sociali per intrattenere sane relazioni umane, li ringrazierei.

Scampato il pericolo, da lassù intravediamo nel bosco, in lontananza, un accampamento di goblin e poi ancora delle costruzioni sulle sponde di un lago (sembrava proprio essere la ridente località di Farcis).

Camminando verso una salita attrezzata, superiamo un prato di mucche: erano proprio carine e un po’ strane: erano dotate di branchie, puzzavano molto e si spostavano levitando! Mi diverto a spaventarle. Superata agilmente la salita, in un paio d’ore raggiungiamo la forcella della capra, dove stranamente non vediamo capre. Un triste umanoide, seduto malinconico su una roccia, guardava l’orizzonte pensando alle sue capre scomparse, che da giorni non avevan più fatto ritorno alla forcella. Era proprio buffo quell’uomo: pelle chiara, orecchie da elfo, dotato di corna, capelli bianchi, dalle sembianze bluastre e glaciali; quando piangeva le sue lacrime si congelavano all’istante, mentre quando si arrabbiava (eh si, forse l’ho importunato un po’ troppo, mi conosci) diventava arancione e le sue lacrime evaporavano all’istante. Tipo strano. Ma quantomeno ci ha detto che i due dispersi erano sani e salvi su in rifugio. Raggiungiamo quindi il rifugio dove notiamo una roccia solitaria al centro della stanza, su cui vi era scritto:

Tra queste mura, risuona l’eco di un’antica magia: “trasforma la pietra”. A chi ardisce entrare, è conceduto, una sola volta e confinato nel suo utilizzo a queste sale, di impugnar tal potere senza prezzo. Sol coloro che il cammino nascosto sapran compiere fino al fine troveranno la mercede che qui giace in attesa. Ma sia noto a tutti i pretendenti: quanto maggior è il potere che bramate, tanto più grandi e mortiferi saranno i perigli che vi sbarrean la via.

Notiamo inoltre una scritta ricorrente sulle pareti: Solamente la scorza potrai tu ferire, ché lo mio corpo è quale pietra immutabile

Dopo un breve riposo, troviamo finalmente i due dispersi, rintanati in una stanza del rifugio con al centro una grande roccia da loro creata (contenente resti di creature nemiche sconfitte). Li convinciamo a far ritorno con noi, traendoli dunque in salvo. Sulla strada di ritorno notiamo in lontananza esserini volanti che fluttuano in aria verso un qualche dove. Ed ora eccomi qui, che avventura. Ma ora vado, devo lucidare la spadella. Che questa quasi-morte mi sia da sprono a vivere più intensamente.

Ventitreesima sessione

Resoconto missione per esplorazione in cerca della città di Farcis

In data 25 ottobre il sottoscritto Ekkyon, fûc il nano e Tarlin l’halfling decidiamo, dopo essere stati attratti dagli ultimi resoconti, di dare il nostro contributo alla ricerca della misteriosa città di Farcis…. anche perchè ormai la centrale è stata liberata e resa sicura. Sulla base delle informazioni pervenute dagli altri avventurieri entriamo nella famosa palude e subito veniamo avvolti dalla densissima nebbia che la circonda e dalla mefitica aria del posto. Con nostro grande stupore la palude si rivela essere un luogo molto più ostico di quanto potevamo pensare, e per buona parte del tempo giriamo in tondo, veniamo poi attaccati da diversi gruppi di serpenti velenosi che quasi fanno fuori il povero Tarlin. Ma riusciamo a cavarcela e girovagando per gli acquitrini arriviamo ad una grande quercia sui cui rami erano stati impiccati, probabilmente dalle famigerate “Streghe” di cui si parla nella zona, quattro halfling di brutto aspetto, tirandone giu uno che veniamo colpiti da un rigurgito della sua bocca composto insetti ed obbrobi della palude che ci ferisce, e dopo questa ennesima sofferenza decidiamo di seppellire i quattro malcapitati, indagare un po la zona per non trovare nulla di interessante e proseguire. Nel procedere troviamo una capanna con delle bambole, vari disegni infantili, un pupazzo a grandezza umana però rotto e buttato sul pavimento….. ed un dito in salamoia, non ho ben inteso se di una mano o piede…. Troviamo un vecchio villaggio abbandonato di Halfling che dopo abbiamo scoperto che si chiamava Propiero, anche qui sono state fatte brutte cose. Gli abitanti erano morti in malo modo ed in un pentolone vi erano pezzi di creature, ancora attribuiamo la colpa alle “Streghe”. Infine giungere, con non poca fatica alla città di Andreis, così come fatto dai nostri compagni. Qui facciamo la conoscenza con i “Ritornati”, ovvero cadaveri ambulanti che però per una ragione a me ignota, in questo posto sono considerati alla pari dei comuni cittadini. Incontriamo la signora Bartola che ci conduce in città e ci porta alla locanda, dove veniamo presentati alla locandiera Ghisla a cui cominciamo a fare domande circa la città di Farcis, ma sfortunatamente lei sembra non saperne molto. Interviene nella discussione un’altra donna, una ritornata, Raimonda, che ci parla delle sue preoccupazioni circa i goblin e di come questi attacchino la città, si rubino i ritornati e frugano nelle tombe che sono sparse in giro attorno ai monti…. è interessante sottolineare che questa donna ha 211 anni ed ha visto nascere la palude, purtroppo alle successive domande in merito è stata schiva ed ha preferito continuare ad insultare la presenza dei goblin. Infine si è intromesso anche l’ultima persona che abbiamo conosciuto, il signor Solino, il quale ci ragguaglia molto meglio circa la situazione generale. Ci informa infatti di come la palude sembri essere un’entità viva, che si espande ed ingloba quello che tocca facendolo marcire, ci spiegha di come gli halfling che erano nei dintorni sono stati uccisi ed alcuni vivono ad Andreis ora e di come la colpa di queste atrocità sia delle Streghe, che loro combattono ormai da molto tempo.

Tirando le somme, pensiamo di aver scoperto cose molto interessanti:

  • Andreis è sicuramente un punto strategico per esplorare questa zona della valle e chissà forse avvicinarsi alla città di Farcis,
  • E’ importante mantenere buoni rapporti con i cittadini di Andreis, quindi potrebbe essere conveniente aiutarli con i Goblin e con le Streghe,
  • Vi sono halfling nella zona, e per il sottoscritto questo è un fatto molto interessante,
  • La palude sembra avere più di 200 anni, chissà cosa potrebbe aver assorbito in tutto questo tempo…. le tombe, i tesori e le informazioni potrebbero essere molte di più di quante la nostra vista riesce a vedere.

Infine un messaggio da Ghisla che cito: Il deposito che ha lasciato il sig. Alvis rossa barba sta creando non pochi problemi, deve riprenderselo.

E qui concludo il mi federe resoconto.

In fede,

Ekkyon l’halfling

Ventiduesima sessione

Missione: vendetta a Colle Alchedo

Codesto umile resoconto narra di un’avvincente avventura,
condotta da soli quattro personaggi senza (troppa) paura,
Belfaga, Icaro, Lord Opeauf e Alvis vi lasceranno di stucco
e parton subito da Andreis alla ricerca di Bacco Bucco.

Superata la palude senza che fosse danneggiato nessuno,
in taverna, casa Tavan e casa Bacco non trovaron Bucco alcuno,
ma finalmente a casa Stella da Adalasha li condusse un ritornato,
e Bacco Bucco fu convinto: in missione verso la torre fu arruolato!
in cambio però di questa sua coraggiosa mossa,
il gruppo rinuncia a ricevere la pattuita pozione rossa.

La palude nuovamente non sortisce alcun danno
e si giunge alle porte della torre senza nessun affanno,
si ode un gran trambusto all’interno della casetta,
mentre fuori due goblin stan cuocendo una carnosa cenetta.
Per timore di subire dai due goblin una più che scontata sconfitta,
i nostri “coraggiosi” eroi tendono loro un’imboscata nella palude più fitta:
proiettano un succulento cinghiale, imitandone persine il verso animalesco,
attirando verso di loro i nemici, pronti a consumare un pasto fresco.

Belfaga però non nasconde bene un braccio e svela l’imboscata,
permettendo ai due goblin di batter subito, urlanti, in ritirata.
Nella fuga frastornante, Icaro uccide il primo con un cocente raggio di luce,
e Lord opeauf trafigge il secondo con un giavellotto infuocato, che morte truce!
le urla dei due neo defunti però chiaman fuori altri 3 goblin dalla casetta..
cosa faranno i nostri eroi? Ma certo! “Diam fuoco al tetto! È fatto di paglietta”.

Con la casa in fiamme, Icaro e Belfaga danno sfogo alla loro arte magica:
1, 2, 3… il primo bolle vivo, il secondo fulminato e il terzo sgretolato, che fine tragica!
Ma ecco che, tra i graffi randomici ricevuti da un essere invisibile,
compare il vampiresco Barone con uno sciame di zanzare temibile.

Guardate che novità (pt.2): Icaro e Belfaga danno sfogo alla loro arte magica:
irradiati di luce prima e fatti esplodere poi, gli insetti fan proprio una fine tragica!
La lotta contro il barone è tanto dura.. “ma perché abbiam scelto questa avventura”?
ma unendo le forze, attacco dopo attacco, si giunge ad una inaspettata chiusura:
Scherzone! Guardate che novità (pt.3): Icaro da sfogo alla sua arte magica:
Il barone si accascia, ironia vampiresca della sorte, al chiaro di luna. Che fine tragica!

Vittoriosi entriamo nella torre del vampiro defunto,
sembra ci siano solo scale distrutte, ma a un certo punto…
si intravedono lungo le pareti 3 scritte in lingua nanica:
(perdonerete al narratore l’interruzione della prosa rimica) \

  1. Conquista la tigre, il dragone, il gigante infuriato, uomini e re. Tutti cadono vinti ai suoi piedi. \
  2. Ha radici che nessuno ha veduto mai, più alta degli alberi assai; lassù, tra le nuvole, e non si muove mai di qua. \
  3. Pur non avendo né ali né gambe può volare lontana e non può essere catturata.

I nostri eroi notano 8 piastrelle sul pavimento disposte in lungo,
raffiguranti: una spada, un albero, una montagna, una volpe, un fungo,
e ancora: un nano che dorme, un nano che urla e un’ascia. Che fare?
Idea brillante! In base alle 3 definizioni scegliamo 3 piastrelle. Elementare!
Schiacciando assieme il nano che dorme, la montagna e il nano che urla
si apre un passaggio segreto! Pronti ad esplorarlo, notiamo però una burla.

Un ramoscello svolazza amichevolmente nell’aria e, tra doti diplomatiche e magiche,
i nostri eroi comunicano con l’essere invisibile che in battaglia graffiava loro le natiche.
si scopre essere un essere etereo, che non può parlarci
ma scrivendo sul fango si scusa. Ma come comunicarci?

Guardate che novità (pt.4): Belfaga da sfogo alla sua arte magica
e leggendo i suoi pensieri comunica a noi tutti la sua storia tragica:
Da Andreis fu prelevato, torturato nella palude e ucciso da una strega.
Maledetto, com’è ora scomparirebbe lasciando la palude, e quindi ci prega:
“ero controllato dal barone con un amuleto, ma ora che son libero vi imploro,
riportate qui mia figlia Ida per un ultimo saluto, e lascerò il mondo con decoro.”

Promettiamo all’invisibile etereo di parlare con Ida e di portarla da lui in futuro,
in un punto ben preciso alle porte della palude, perché vederlo è alquanto duro.
le racconteremo dell’alba con lei e suo padre sul monte Rododendro. Ci crederà?
Ricordandole la loro conta dei ritornati fuori dalla nebbia, siam certi che ci seguirà.

Aiutato il prossimo, entriamo dunque nella cripta buia segreta. C’è un tomba!
si intravede una pergamena che recita in lingua nanica:
(riperdonerete al narratore l’interruzione della prosa rimica)

“Ho visto la caduta di Farcis. Ho combattuto contro i diavoli ferocemente. Ho visto cadere compagni, civili morire per mano dei colpi sadici dei mostri o sotto le macerie della città ormai in rovina. Ferito, perse le forze e la speranza, da solo son fuggito quaggiù, ritirandomi in questa torre dove ho prestato servizio per tanti anni. In questa vita non ho più forze, né volontà di combattere. Però spero che un giorno i Cjolt e i loro diavoli vengano sconfitti. Per questo lascio qui la mia armatura, e con essa il mio spirito. Loro combatteranno al fianco di chi vorrà vendicare noi Forador.”

Saliamo infine al primo piano, nella sola stanza ordinata e non appiccicosa.
Una bara penzola dal soffitto e c’è un diario su una scrivania,
In cui il barone soleva scrivere in totale assenza di compagnia.
Decidiamo di sbirciare per ricavare informazioni preziose,
che vi riporterò in rima corsiva, sperando non risultino leziose.

La palude è in costante espansione e alla torre è giunto un nuovo aiutante invisibile,
che aiuterà Tubero nelle mansioni domestiche, per rendere quel luogo più vivibile.
Costui è un etereo maledetto dalla strega Agata, la stessa megera che…
ha distrutto un villaggio di mezz’uomini senza un sensato perché.
Diversi nemici avventurieri (parlo di noi) sono stati scacciati da quel posto,
finché le streghe hanno inviato dei goblin per renderlo, da espugnare, più tosto.

Salendo sul tetto troviamo un calderone con resti viventi,
e avvelenandoci un po’ lo svuotiamo senza troppi complimenti.
Tornando ad Andreis poniamo fine a questa avventura,
dunque il mio resoconto può ricever, in rima, chiusura.

Lord Opeauf

Ventunesima sessione

“L’inzen bati dut”

La nostra missione ufficialmente iniziò all’alba del 2 ottobre, quando ci riunimmo nel deposito dove con Fern avevamo lavorato negli ultimi tempi. In realtà ebbe inizio ben prima, precisamente nel giorno in cui, parlando con il legato Oronzo, avevamo concordato misure al sostegno dello sviluppo di mezzi d’aiuto agli avventurieri. Già in quel momento era chiaro, a noi e al Marchese stesso, che le forze in gioco nella Centrâl di Dos Flums, e più in generale in Val Celia, erano troppo ingenti per un gruppo di esploratori impreparati: i rovi avevano colonizzato l’atrio di ingresso e si dimostravano ostili e pericolosi, rinvigoriti dall’aghecorinte che pasceva loro e chissà quali altre mostruosità. Avevamo, dunque, spulciato i manuali nanici, eccellente fonte di informazioni tecniche e teoriche sul funzionamento dei loro meccanismi e della natura a cui essi si ispiravano. Da qui avevamo intuito che la sostanza dissolta nell’aere della Centrâl doveva essere un sottoprodotto dei marchingegni lì ubicati, e strettamente imparentata con il mezzo di cui son composti i fulmini e le scosse. Ci siamo così figurati di tornare al tempo passato, nelle spoglie di un gruppo di nani inventori, e abbiamo cercato di ricalcare i loro pensieri, fino a produrre un meccanismo dal nostro ingegno. La macchina doveva poter essere alimentata con l’Aghecorinte (una volta purificata e resa maneggevole), ma anche dall’olio di gomito tramite una manovella e un nastro vetrato. Il suo scopo era di convogliare tutta la luxorinte - così abbiamo nominato la sostanza delle saette - verso un’antenna, in modo da proteggerci dal suo effetto nocivo e da indebolire la pianta, che sembrava nutrirsene. Come avremmo dovuto intuire, la centrale avrebbe attivamente lavorato contro di noi e, di fatto, quello che riuscimmo a ottenere fu solo una zona di “ombra” dalla luxorinte, attiva finché la macchina fosse alimentata.

Una volta entrati nella Centrâl, allestimmo la nostra antenna, tenendoci alla larga dal serbatoio di aghecorinte con la pianta. Subito ci accorgemmo della precarietà della nostra situazione: dovevamo prendere un’iniziativa e concludere l’assedio il prima possibile. Coordinando i nostri sforzi, colpimmo la pianta con tutto quello che avevamo. Quando sembravamo stare avendo la meglio, la Centrâl rincarò la dose - quasi avesse volontà propria - mandandoci contro orde di ratti stregati e producendo fantasmi di luxorinte. Lo scontro proseguiva acceso più che mai.

Fortunatamente tutto giunse al termine quando riuscimmo a estirpare quell’aberrazione della natura, poiché ci accorgemmo che il giovane Ekkyon aveva intanto familiarizzato con i fantasmi, rendendoli docili. Quando riuscimmo a distoglierlo dal suo gioco capimmo che era stato avvicinato, nella mente, da un essere che, imperioso, gli prometteva grandi compensi se l’avesse liberato dal serbatoio dell’aghecorinte. Noi altri, sospettosi della sua arroganza, fermammo Ekkyon nel suo intento di scagliarsi contro il serbatoio di vetro ed esigemmo ulteriori spiegazioni. Lo spirito nella boccia si presentò come Salhazel e ci spiegò che era intrappolato nel liquido da 3225 giorni. A queste parole mi ritornò alla mente la nota salata che avevo provato nell’assaggiare l’aghecorinte durante le mie analisi: capii così che lo spirito non dovesse poi essere così spirituale, ma semplicemente disciolto come sale in acqua. Provammo quindi a riciclare le nostre recenti competenze in materia di luxorinte per catalizzarlo fuori dalla vasca. Non appena fatto ciò, lui si materializzò davanti a noi, sgradevole ma affascinante, come solo può esserlo un cristallo antropomorfo armato di scimitarra. Salhazel aveva fretta di sparire giù per le scale crollate, ma ebbe comunque tempo di prendersi gioco della nostra debolezza, prima di cercare di dileguarsi. Dico cercare, perché a metà via nel suo volo nel vuoto restò bloccato - dall’alto della sua potenza - in una trappola ordita dai coboldi che, così scoprimmo, abitano la rete di cunicoli scavati dai nani. Approfittammo del suo impaccio per strappargli via l’informazione che nella notte del 5 dicembre lui e i suoi “compari” tornano qui a “far baldoria”, e i fuochi, visibili fin da Celina, non sono che manifestazione del giubilo dei coboldi per la festa. In effetti, facendo due conti, proprio in una di quelle notti brave di nove anni prima Salhazel, ebbro dell’atmosfera, si gettò incoscientemente nella boccia. Soddisfatti della nostra rivincita morale sull’arrogante uomo-cristallo, e orgogliosi del nostro ingegno, ci ridirigemmo in fine a Celina.

Adam Otter

Missione di abbattimento della pianta gigante alla Central di dos Flums

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Ekkyon, Gerb, Fûc il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

La recente missione si è rivelata densa di avvenimenti e di pericoli. Come riportato in precedenti resoconti, il piano terra della Central di Dos Fums era infestato da una enorme pianta avvinghiata a un distillatore di aghe corinte. Essendo una grave minaccia per la sicurezza delle esplorazioni, abbiamo deciso di eliminarla. L’aria della centrale è satura di una particolare luminescenza, che abbiamo deciso nominare “lus corinte”, e che sembra rinvigorire la pianta. Studiando i libri nanici rinvenuti in precedenti missioni presso la centrale, abbiamo costruito un macchinario in grado di concentrare su di sé la lus corinte, creando una zona priva di questo fenomeno. Abbiamo nominato tale assenza come “ombre corinte”. Non tedierò la Sua attenzione con dettagli tecnici di poco valore. Basti sapere che questo semplice macchinario convoglia la lus corinte sulla punta di un’asta di metallo, per poi scaricarla a terra tramite un lungo cavo. Il dispositivo si è dimostrato efficace nel generare una zona di ombre corinte estesa una trentina di metri. La pianta si è subito dimostrata infastidita dalla zona d’ombra corinta, e ne abbiamo approfittato per dare il via al nostro assalto. La pianta ha reagito con violenza, confermando la sua estrema pericolosità. Tuttavia, il valore e l’ingegno dei sopracitati avventurieri ha prevalso sulla minaccia che incombeva su di noi. E questo nonostante svariati imprevisti. Infatti, la pianta ha dimostrato la capacità di controllare la lus corinte, tentando di concentrarla su se stessa per rinvigorirsi. Il tentativo è tuttavia fallito grazie al nostro ingegnoso macchinario. Oltretutto, la pianta non è stata il nostro unico avversario, dato che abbiamo dovuto anche affrontare l’attacco di un’orda di topi aggressivi e di tre creature volanti, composte esse stesse di lus corinte e fuoriuscite dal distillatore di aghe corinte. Oltre a ciò, a metà battaglia il terreno è stato scosso violentemente più volte, e la pressione del vapore bollente è fuoriuscito dalle tubature della centrale. Il prode Fuk, colpito da tali sbuffi, è andato incontro a una metamorfosi parziale, che lo ha dotato di un paio di zanne simili a quelle di animali esotici noti come “trichechi”. Non abbiamo tardato molto a scoprire che i tremori della centrale erano causati da “qualcosa” presente nel distillatore stesso, il quale aveva stabilito un contatto telepatico con Ekkyon. Tramite il nostro compagno abbiamo scoperto che una creatura, di nome Salkhazel, era rimasta intrappolata da quasi 9 anni nelle aghe corinte, da cui non poteva liberarsi in quanto il suo corpo solubile si era dissolto. Titubanti per via dei suoi modi inquietanti, abbiamo tuttavia deciso di liberare Salkhazel dalla sua prigionia, tramite un processo tecnico di cui Le risparmierò i dettagli. La creatura, una volta liberata, ha dunque mostrato il suo vero aspetto: un essere dalla forma umanoide ma dal corpo fatto interamente di sale! Arrogante, egocentrico, spocchioso e vanaglorioso, invece di rispondere educatamente ai comprensibili quesiti dei sopracitati avventurieri, ha liquidato la questione con poche e sbrigative risposte. Abbiamo però scoperto una verità sconvolgente! L’incendio che ogni 5 Dicembre imperversa sul Monte Fara sembra essere collegato a una “festa annuale” a cui Salkhazel e altre creature sono soliti partecipare. Abbiamo strappato all’ingrata creatura la promessa di un incontro proprio in tale data, tra poco più di due mesi, per fare luce su questo oscuro mistero della Val Celia.

La ringrazio per il tempo concessoMi, Fedelmente, Fern Gunnhildr

Resoconto missione per rendere sicura la centrâl:

In data 2 ottobre il sottoscritto Ekkyon, fûc il nano, fern l’umano e non ricordo il nome dell’altro umano ███ ██ ██████████ ███ ████ █████████ ██████████ ██ ████ █████, ci incamminiamo fiducioso di liberare il piano terra della centrâl dalla pianta mutante.

Considerando ormai la nostra esperienza abbiamo costruito un aggeggio per attirare quanto più possibile, la ormai nominata “LUS CORINTE”, nella speranza di indebolire la pianta. Arrivati fuori la porta incontriamo al solito Herk tornato in piena salute dopo l’incidente coi ragni. Non mi soffermeró troppo riguardo a come abbiamo sconfitto la pianta abominevole, più che altro abbiamo fatto una nuova amicizia con un “essere” fatto di sale che era imprigionato nel grande recipiente che conteneva l’aghecorinte. Il suo nome è Salkhazel, ed ha detto di trovarsi qui da quasi 9 anni (dalla famosa notte del 5 dicembre, quando venne con i suoi amici)…ad ogni modo dopo averlo salutato ci ha detto che sarebbe tornato il prossimo 5 dicembre con i suoi amici, e si è tuffato nel buco da dove passa la carrucola. E questo è quanto, la centrale ora è libera dai pericoli (eccetto per il secondo piano che non abbiamo ancora esplorato).

In fede,

Ekkyon l’Halfling

Ventesima sessione

Note in prosa et in versi circa l’audace spedizione del die XXIX mensis Septembris

Vergate dal Vostro devoto Amaranto, vate laureato. Adunata all’alba, l’acclamata A-Assemblea (ei-tim in elfico), avvalentesi degli avventurieri Athanela, Alcamora, Asbof e Alviss, accompagnati dall’aedo Amaranto, annotatore autenticato dall’ammirabile alta autorità aristocratica, se ne andò da Celina con gli animi altissimi. Attraversate alacremente le agre aree, nell’acquitrino ci abboccammo con un accozzo aberrante, di apparenze affatto affollate e arcuato nell’appresso. Atroce, ma ne apprezzammo l’arguzia nell’adescarci con ambigue affermazioni, come apprezzammo l’arma con cui ci assalì, ancorché non approvassimo l’aggressività arbitraria dell’atto. Arrivati all’abitato di Andreis, anzitutto ci accordammo con l’affannato Raniero, antecedentemente abitante di Cjadaldiaûl, accolto in asilo dagli andreani. Assicurammo l’afflitto che, ascese le alture del Rododendro, avremmo aiutato i suoi affini, l’amata Costanza e l’adolescente Anselmo, che agogna abbracciare, ad affrancarsi dai loro affanni. Ma l’azione accordata all’abbattuto avrà da attendere ancora. Approcciammo l’asilo delle aquile, apprezzando l’abbondante alimentazione degli aquilotti, in assidua appetenza di arancione aerozucca alpina. I loro avi Annalisa e Annachiara approvavano alteri lì accanto. Accapo a non ampia attesa accresceranno ad adulti. Avevamo poi appuntamento con l’apprendista dell’Arte dell’amuleto amniotico, Tullia, per andare all’Alcheda altura. Attardandoci un attimo ci accomiatammo da Ida, amica della nostra accompagnatrice. Nell’acquitrino analizzammo l’attività di assurdi artropodi che si adoperano per annullare le alterazioni antropiche attuate all’ambiente. Ci accadde di accompagnarci a Sora Mara, che ci ammonì circa l’andare al di là dell’Alchedo e di adottare ampia attenzione nell’aggirarsi lì attorno. L’avventura si aggravò allorché un altissimo acromegalico, che aveva appresso un albero apparentemente animato, attraversò l’area. Ci annidammo negli arbusti, attendendo che andasse altrove. Appurata l’apprensione di Tullia, l’amabile Mara, accomiatandosi, le affidò un artefatto apotropaico, che nell’aspetto assomiglia ad un arto animale amputato. Arrivammo appresso l’abitazione che alloggia l’aborto dall’apparenza antracite con l’abnorme apparato apicale, Tubero. Allorché gli altri si affacciavano ad un’apertura, Alviss e chi annota, adducendo abilmente alibi amministrative e assistenziali, accedevano all’alloggio, accolti addirittura dall’anfitrione, il Barone Strigòn, di agghiacciante aspetto. L’aristocratico afferma di affliggersi, assoggettato da un anatema affibbiatogli dalle anziane abitanti antipatiche degli acquitrini, altressì alterandogli le apparenze con apparato adunco appeso anteriormente (ma nell’area alta). Accordando affidamento all’aristocratico, Alviss, Athanela e Alcamora assaggiarono un ambiguo alimento, ahimè, avvelenato. Accorgendosi acutamente di un astante a-visibile, Tullia ci avvertì atterrita: l’agguato accadde d’acchito, avverso ad Alviss, poi anche agli altri. Appariva appropriato arretrare e abbandonare affrettandosi l’affollata abitazione, allontanandosi dall’abbietto e adirato Strigòn e astenendosi dall’aspettare un attimo. Arrivarono ad un alito dall’accopparci, dall’affondarci all’aldilà. Alfine arrivammo abbasso dall’altura, andandocene alacremente ad Andreis, alterati dall’angoscia, ma ancora non affranti nell’animo. Adesso mi accommiato in atto di adempiente acclamazione dell’Altezza Vostra.

La missione di Tullia

Illustrissimo notaio,

le scrivo il suddetto documento immediatamente dopo le vicende accaduteci oggi. La prego di perdonare possibili refusi ed errori di scrittura, purtroppo la mia mano come la mia mente trema ancora a seguito della sventura appena vissuta.

Nella giornata odierna partimmo in cinque per la volta di Andreis: il sottoscritto Alviss, Athanela, Alcamora, Asboff e Amaranto. La nostra missione: aiutare la piccola Tullia nella sua prima spedizione in solitaria. Senza indugi ci avventurammo nella palude dove la sorte ci fu subito avversa. Qui incontrammo un esserino alquanto strano, con 2 volti nella stessa faccia, il quale ci pose un indovinello promettendo lauti premi. Lo risolvemmo con facilità ma il premio fu inaspettato: un coltello scagliato dritto dritto sul povero Asbof. Sghignazzando l’essere svanì davanti ai nostri occhi senza che potessimo riservagli la dovuta punizione. Visto che Asbof versava in buona salute, continuammo la marcia versi Andreis.

In loco, passammo per la taverna a consegnare del vino a Miliano. Con lui trovammo Raniero, il moribondo che salvammo dalle manticore. Lui ci raccontò che fuggì da Cjalaldiaul in seguito all’arrivo di un sacerdote della Sacra Luce. A causa di questi, i raccolti iniziarono ad esser scarni e sequestrò il carbone prodotto dalla città (il “Cjarbon ros”) per bruciare i boschi vicini. Inoltre il figlio di Raniero gli ha raccontato di aver visto strane persone incappucciate girare per Cjalaldiaul. Successivamente il forestiero ci ricorda che proprio il figlio e la moglie sono ancora dispersi per i monti e che probabilmente si sono rifugiati in alto alla montagna, dove dice sia possibile trovare una sorta di struttura incastonata nella roccia…

Congedateci da Raniero, ci recammo da Puccio Bucco per riscuotere la nostra ricompensa della missione precedente. Arrivati al Rifugio Rapace trovammo appunto Puccio con Tullia, intenti ad osservare il nostro premio: dei maestosi aquilotti. Uno dei due cuccioli sarà pronto per partire con noi fra un mesetto circa.

Dopo i dovuti convenevoli e preparazione, partimmo con Tullia verso il Colle Alchedo dove sarebbe dovuto risiedere un mostriciattolo probabilmente coinvolto negli affari delle streghe. Per raggiungere la meta passammo di nuovo per la palude dove facemmo due incontri inaspettati: il primo con una tale “Sora Mara”, viandante di Andreis amica di Tullia alla quale regalò uno zampino portafortuna; il secondo più pericoloso con un gigante intento a trascinare un peculiare albero che emetteva gemiti e lamenti. Per fortuna il gigante non ci vide e potremmo proseguire illesi verso il colle.

Giungemmo ordunque alla torre, ignari del nostro prossimo sfortunato fato. Notammo subito che accanto alla torre si ergeva una casuppola. Furtivamente, Athanela (travestita da pino), Asbof e Alcamora, spiarono dalla finestra e notarono un piccolo mostriciattolo umanoide pulire gli interni. Dal momento che sembrava innocuo, io, Amaranto e Tullia bussammo alla porta per porre alcune pacifiche domande all’umanoide. Cercammo di estorcergli con la retorica informazioni sulle streghe ma come le nominammo scappò verso la torre a chiamare il suo padrone, il Barone Strigon. Nell’attesa del barone, notai che all’interno della torre (di palese fattura nanica) si potevano leggere delle scritte naniche sulle pareti. Dopo poco, Tubero (il mostriciattolo) ci disse che il barone ci aveva invitati a pranzo e ci accompagnò all’interno della casuppola.

Passato qualche minuto ci raggiunse anche il Barone, un uomo vecchio, canuto, occhi rossi e con un vampirico mantello con colletto a coprire naso e bocca. Già dall’aspetto avremmo dovuto capire le sue cattive intenzioni. Tuttavia, con i suoi modi educati e fini riuscì ad imbambolarci e a indolare la sua storiella. Raccontò che fu rapito dalle streghe nella palude e che dopo aver visto un coniglio bianco con gli occhi rossi si ritrovò con quell’abominevole aspetto. Da quel momento divenne schiavo delle streghe, intrappolato dentro il Colle Alchedo e costretto ad eseguire gli ordini. L’unico modo per spezzare la maledizione, ci disse, era quello di mangiare in compagnia di persone fidate e a loro rivelare il suo vero aspetto. Così aprì il colletto del mantello rivelando una proboscide. Stupidamente, mi fidai del Barone e assaggiai il pasto che ci aveva offerto di modo da poter spezzare la sua maledizione, non seguendo il consiglio di Amaranto e Asbof. A me si unirono anche Athanela, Alcamora e la piccola Tullia, aihmè… Il cibo si rivelò avvelenato e una figura invisibile attaccò alle spalle Asbof mentre eravamo ancora seduti al tavolo. Quel maledetto Barone ci aveva ingannati! Il viscido Tubero cercò di rapire Tullia svenuta per il veleno ma Amaranto riuscì a curarla e Alcamora la teletrasportò fuori la casa. La situazione caotica si fece ancora più confusa quando il Barone fece uscire da mantello uno sciame di strane zanzare. Visto lo scenario decidemmo di uscire tutti dalla casa. Presi in spalle Tullia prima che Tubero potesse rapirla nuovamente e ordinai la ritirata… La fuga fu roccambolesca, tra feriti e oggetti perduti nella foga e nella fretta. Per poco non perdemmo il povero Amaranto, salvato solo grazie all’impavido ciuco barbuto Timavo.

E questo è quanto signor notaio… Questa volta ce la siamo vista brutta… Ma per fortuna tutto è bene quel che finisce bene. La prossima volta saremo pronti ad affrontare il malvagio Baron Strigo, può starne certo.

Rinnovo i miei saluti e le auguro una buona serata,

Alviss Rossabarba

Diciannovesima sessione

Missione di salvataggio di Erk e di esplorazione alla Central di dos Flums

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Ekkyon, Gerb, Leo il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Ci siamo diretti verso la Central di Dos Flums, intenzionati a continuare l’esplorazione dei piani superiori dell’edificio. Tuttavia, al nostro arrivo al portone d’ingresso, ci siamo imbattuti in una scena raccapricciante: sia il portone della centrale sia le pareti rocciose della forra sono sporche di sangue, forse il risultato di una violenta colluttazione. In particolare alcune tracce di sangue recano le impronte di una mano di piccole dimensioni. Inoltre, abbiamo percepito in lontananza un lieve gemito di una creatura in fin di vita. Abbiamo subito temuto che la vittima della violenza fosse Erk, e senza indugio ci siamo inerpicati lungo la scarpata, con il chiaro obiettivo di salvare il nostro amico. A una trentina di metri al di sopra del percorso principale abbiamo scoperto una piccola grotta, tana di ragni giganti. All’interno della grotta abbiamo trovato Erk, completamente avvolto in un bozzolo di ragnatele. Abbiamo tratto in salvo e fornito cure d’emergenza al nostro amico. Tuttavia, all’uscita dalla grotta siamo stati attaccati da due ragni giganti. La battaglia è stata vinta senza riportare gravi ferite.

Cessato il pericolo, Erk ci racconta cosa gli fosse successo: è stato attaccato da un mago, che lo ha picchiato per estorcergli il codice di accesso alla centrale. Tuttavia, non avendo nessuna informazione al riguardo, è stato abbandonato dal suo assalitore nella tana dei ragni. L’identikit fornitoci da Erk del suo aggressore era molto vago. Lo ha descritto simile al sottoscritto. Possiamo quindi inferire si tratti di un giovane mago umano. Purtroppo non abbiamo altri indizi sull’identità del criminale. Tuttavia, se è interessato ad accedere alla centrale, è probabile che incroceremo le nostre strade con lui in futuro. Ritengo prioritario completare l’esplorazione della centrale il prima possibile, per anticipare il nostro avversario e scoprirne le intenzioni.

Dopo aver consigliato a Erk di lasciare temporaneamente la sua abitazione in prossimità della centrale per evitare ulteriori aggressioni, ci siamo diretti a completare l’esplorazione del primo piano della centrale. L’ultima stanza rimasta da esplorare al primo piano sembra l’ufficio di colui che era al vertice della gerarchia della centrale. Le nostre disavventure non erano tuttavia ancora concluse, essendo stati attaccati da un grande tappeto presente nello studiolo. Come accaduto nella precedente missione, l’atmosfera particolare di questo edificio sembra poter infondere “vita” in oggetti inanimati! Sconfitta questa nuova minaccia e recuperato dei libri riguardo la storia della costruzione della centrale, ci siamo diretti verso Celina, per tornare in città prima del calare della notte.

La ringrazio per il tempo concessoMi,
Fedelmente,
Fern Gunnhildr

Marcia il fuoco sulla Val Celia

Era una fredda giornata di fine estate quando ripresi a frequentare la valle. Con l’odore, il brivido, il pizzicore di quella stanza ancora vivo nella memoria, ci incamminammo per la forra con l’intento di ritornare nella Centrâl di Dos Flums e terminarne l’esplorazione. Era il giorno 13 settembre e mi trovavo in compagnia dei miei ormai soliti compagni Ekkyon, Fern e Leontopodium.

Dirò subito che l’esplorazione, anche se non priva di intralci, è stata un successo. Per quanto ci è attualmente possibile, abbiamo perlustrato tutte le stanze della vecchia centrale di distillazione nanica, a meno del secondo e ultimo piano. Ci mancava l’ultima stanza del corridoio al piano sopraelevato, che si è rivelata la più nobile e spaziosa. Arredata ad ufficio, le decorazioni tradivano un certo gusto artistico che finora ci era sfuggito di notare. Gli scaffali pieni di libri e le carte sparse ci hanno permesso di riconoscerla come l’ufficio del direttore della Centrâl, carica che fu ricoperta fino all’ultimo dal nano Bonnris. Sfortunatamente sembra che la centrale non lasci nessun segreto a buon mercato e, nell’atto di recuperare degli spessi guantoni da lavoro, febbrili di energia, fui io stesso agguantato dal bel tappeto che si stendeva ai piedi degli scaffali. Mi sentii stritolare e poi soffocare. I miei compagni, in mio soccorso, presero a picchiare il tappeto con me dentro, finché non mi si annebbiò la vista. Quando mi riportarono in piedi era tutto finito e il tappeto, logoro, era di nuovo steso al suolo, come ad un tappeto si conviene. Questo successe nel pomeriggio e subito dopo riprendemmo la strada per Celina.

Ma il principale movente della mia lettera è quanto venimmo a scoprire prima. Eravamo sul sentiero che porta alla centrale e iniziammo distrattamente a notare foglie e rami di vite spezzati, al che Fern raccontò quanto successo con la pianta di vite che aveva portato qui qualche tempo prima. Incuriositi dalla forestiera vegetazione guardavamo per terra quando, proprio nei pressi della Centrâl iniziammo a vedere macchie di sangue, ora sul sentiero, ora sulla roccia, ora sui bottoni d’accesso al portone. Allarmato dal sangue Ekkyon si sporse con l’udito per avvertire un flebile gemito proveniente dal versante roccioso. Subito pensammo al nostro amico Erk e ci precipitammo in suo soccorso tra rami e rocce pericolanti. Lo trovammo in una cavità, circa venti metri sopra l’ingresso della centrale, infagottato in un bozzolo di ragnatela. Per un momento temetti che questa fosse la chiusura di un percorso circolare che mesi fa ci aveva fatto soccorrere un piccolo omino dai ragni. Fortunatamente, una pozione curativa bastò per risvegliarlo. Giusto in tempo per una una fuga affrettata giù per il dirupo, che quasi costò la vita a Leontopodium. Una volta lontano dai guai, Erk ci spiegò che non per suo fallo finì tra le grinfie dei ragni, e che la sua rovina iniziò prima, quando un uomo incappucciato, in tutto e per tutto somigliante ai cultisti che ci attaccarono nella notte a Cjadaldiaul, lo torturò per cavargli di bocca la chiave per l’accesso alla centrale - che, purtroppo o per fortuna, il povero Erk non conosceva. Il nostro amico ci comunicò anche che l’uomo, per trattenerlo e colpirlo senza impaccio, si avvalse dell’uso di una magia perfida. Il fuoco che accende gli animi di quella lontana gente è arrivato a bruciare fin qui in Val Celia. La Sacra Luce che avevano imparato a venerare deve essere stata scambiata con il bagliore caldo e pericoloso delle fiamme dei carboni che usano. I Lumi che illuminano la pianura avranno sicuramente interesse ad accompagnarci in una prossima missione per domare le fiamme che bruciano nel Val Collera.

Adam Otter

Diciottesima sessione

Zucche volanti e manticore

All’illustrissimo e reverendissimo Notaio,

autunnali saluti dal sempre vostro collezionista di fiducia.

In primis, vorrei chieder venia per il ritardo nell’invio di codesto resoconto della nostra precedente impresa. Diversi impegni, tra cui simposi in terre lontane e la redazione di una dettagliata dissertazione sulle mie trascorse avventure, hanno aihmè procrastinato la stesura di codesto rapporto.

Fatto questo dovuto preambolo… Era una calda giornata estiva quando il sottoscritto insieme al pio sacerdote Icaro, l’incantatrice Alchamora, la melodiosa Athanela e il silente Gaspare, ci mettemmo in cammino alla volta di Andreis, allo scopo di carpire nuove informazioni sulla cultura e le usanze del luogo.

Giunti in città, immediatamente ci imbattemmo in Ghisla Abucco, la venerabile Raimonda Tavan e un soggetto a noi ignoto, impegnati in una vivace diatriba riguardante la giovine Tullia Tavan,, fanciulla definita “speciale” poiché incapace di tornare (diventare non-morta) e portatrice di misteriosi poteri arcani. Non volendo apparir molesti, ci limitammo a osservare e procedemmo celermente alla taverna, dove ci attendeva il vecchio Miliano. Da lui apprendemmo che l’ignoto litigante era Bacco Bucco. Questi sosteneva che la piccola Tullia fosse ormai pronta a intraprendere la sua prima missione in solitaria, tuttavia, Raimonda si opponeva fermamente, rifiutandosi di garantirle adeguata scorta. Ordunque offrimmo subito il nostro aiuto come volontari per assistere la giovane nell’impresa. La missione verteva nel recarsi al Colle Alchedo per indagare su una torre occupata da un mostriciattolo, legato, per motivi a me sconosciuti, alle streghe della palude. Come ricompensa, Bacco ci offrì una singolare pozione trasparente con una goccia rossa cangiante al suo interno, quasi vivente.

La nostra compagnia avrebbe sicuramente accettato l’incarico se non fosse giunta Ghisla Abucco a proporci una missione indiscutibilmente più urgente: recuperare del cibo per le maestose aquile di Puccio Bucco, che si apprestavano ormai alla stagione delle covate. Nello specifico, questi nobili rapaci necessitavano dei rari semi di zucca di monte, una particolarissima varietà di zucca che, quando matura, fluttua in alto a mezz’aria per poi esplodere, diffondendo i semi nel circondario. Con pacata riluttanza da parte di alcuni membri del nostro gruppo (che evidentemente non capirono l’importanza di tale missione), ci dirigemmo verso l’unico luogo dove la zucca cresce: il rigoglioso altopiano del Monte Rododendro.

L’impervia scalata fu resa ancora più ardua dall’attacco di una manticora, che per fortuna riuscimmo a scacciare. Giunti alla meta, la bucolica raccolta delle zucche fu interrotta da urla in lontananza e dalla ricomparsa della chimera. Il confronto fu inevitabile. Improvvisamente l’impavido Gaspare fu rapito dalla bestia e trasportato nella sua tana, sopra la scarpata in fondo all’altopiano. Non potevo lasciare che il mio compagno fosse sbranato dall’immonda creatura. In un atto di puro vigore e destrezza, mi arrampicai sulla scoscesa parete, individuai il covo della creatura e, in uno slancio di eroico furore, le balzai in groppa. La vile bestia cercò di disarcionarmi ma non poté far altro che soccombere sotto i colpi del mio poderoso martello. La quiete sembrava ristabilita quando dall’antro ne emerse un’altra che fuggì, probabilmente intimorita dalla nostra possanza.

Ancora guardinghi esplorammo l’antro della bestia dove trovammo un uomo in stato moribondo. Rantolando, ci disse di essere Raimondo, un abitante di Cjaldaldaul (qualora il nome fosse riportato correttamente). Sfortunatamente, il padre e il fratello di Raimondo furono divorati dalle manticore, mentre la moglie e la figlia erano disperse per la montagna. Avremmo voluto aiutarlo a cercare la famiglia ma viste le sue condizioni e l’imbrunirsi della giornata decidemmo di tornare ad Andreis. Qui lasciammo Raimondo alle cure dei locali e consegnammo le preziose zucche a Puccio, in attesa della schiusura delle uova.

Probabilmente avrò mancato di riportare alcuni particolari, e altri dettagli potrebbero esser stati lievemente distorti dalla mia memoria, tuttavia, caro notaio, lo spirito generale del racconto può esser ritenuto veritiero ed degno di fiducia.

In attesa del nostro prossimo incontro la saluto e le auguro il meglio.

Il vostro collezionista e avventuriero di fiducia,

Alviss Rossabarba

Diciassettesima sessione

Missione esplorativa alla Central di dos Flums

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Ekkyon, Leo, Tarlin il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Come concordato, abbiamo intrapreso un’ulteriore missione esplorativa alla Central di Dos Flums. Il primo piano si presenta come uno stretto corridoio sul quale si aprono varie stanze. La prima stanza sembra essere un deposito di rottami e attrezzi in cattivo stato di conservazione. La stanza è inoltre infestata da una colonia di roditori, adattati all’ambiente saturo di elettricità. Uno di loro ha anche dimostrato la capacità di teletrasportarsi!

Proseguendo lungo il corridoio, la seconda stanza sembra uno studiolo, in cui abbiamo trovato due manuali sul funzionamento del distillatore di Aghe Corinte e del suo terminale, al piano terra della centrale.

La terza stanza è un’armeria, apparentemente fuori posto in un luogo di lavoro. La mia ipotesi è che in passato i nani che lavoravano nella centrale avessero sentito la necessità di difendersi da una minaccia esterna. Tuttavia, non appena abbiamo cercato di entrare nella stanza, siamo stati attaccati da delle armi semoventi! Per la precisione, da un pugnale e due spade volanti, oltre che da un’enorme balestra dotata di zampe per la locomozione! Dopo una strenua battaglia siamo riusciti a neutralizzare tutte le armi, inclusa la balestra (determinante è stata l’azione di Ekkyon nel danneggiarne il sistema di lancio dei dardi).

Infine, la quarta e ultima stanza che abbiamo esplorato sembra un laboratorio per la fabbricazione di pozioni.

Prima che potessimo continuare con l’esplorazione del primo piano della centrale, abbiamo sentito dei rumori provenienti dal piano terra, dove la pianta si stava estendendo lungo il pavimento. Per evitare di rimanere bloccati e dover ingaggiare battaglia, abbiamo deciso di porre termine alla missione. Siamo riusciti a lasciare la centrale senza disturbare la pianta che, rispetto alle precedenti missioni esplorative, è ulteriormente cresciuta. Mi auguro che il continuo aumento delle sue dimensioni non costituirà una minaccia per future esplorazioni.

La ringrazio per il tempo concessoMi,
Fedelmente,
Fern Gunnhildr

Resoconto missione del 12/07/2024

Ancora una volta ci convinciamo a voler intraprendere l’avventura all’interno della vecchia central, così ci muoviamo in un piccolo gruppo composto da me, Ekkyon, Fern, Leo ed un mio simile Tarlin.

Arriviamo alla central per esplorare gli altri piani. Il piano terra risulta però ben protetto dall’ammasso groviglioso di piante mutanti, ma riusciamo a salire al primo piano, attraverso le scale sulla sinistra. Notate che dall’analisi del vecchio diario che siamo riusciti a riportare abbiamo scoperto che le scale che portano al piano di sotto sono state fatte esplodere dai vecchi nani del passato in seguito a degli incidenti che avvennero in quel periodo. Comunque, saliamo le scale, troviamo diverse porte, 5 per l’esattezza. Apriamo la prima, ma prontamente la richiudiamo in quanto era invasa da topi (non semplici topi…. probabilmente animali adattati a vivere in quel luogo e con la magia di quel luogo, emanavano strane scintille come quelle interne all’edificio. Apriamo la seconda e troviamo un piccolo studiolo dal quale recuperiamo altri diari, questa volta contenti i segreti del funzionamento del grande distillatore presente al piano di sotto. Apriamo la terza porta, e qui cominciano i guai. Un gruppo di armi, probabilmente incantate (spade e pugnali fluttuanti per aria) comincia ad attaccarci. Arriva anche un’enorme balestra che sparava arpioni che avrebbero fatta secca una balena… Ma il sottoscritto, armato di un rinnovato coraggio decide di cavalcare l’immondo marchingegno e recidere il filo che usava per sparare. Così avendo indebolito l’arma maledetta siamo stati in grado di sconfiggere tutti i “nemici” entrare nella stanza che si è rivelata essere una vecchia armeria ed infine aprire la quarta porta. (l’ultima non siamo riusciti poichè eravamo troppo esausti e non avremmo retto altre sorprese). Siamo quindi tornati al piano di sotto e con non poche difficoltà abbiamo evitato la pianta che ormai si era espansa per granparte terreno e siamo tornati a casa. Vorrei annotare i seguenti oggetti che abbiamo riportato:

  • un pugnale magico;
  • 4 pozioni;
  • 2 manuali del distillatore.

Qui finisce il mio racconto.
In Fede, Ekkyon l’halfling

Sedicesima sessione

Note in prosa et in versi circa l’audace spedizione del die XVIII mensis Iunii

vergate dal Vostro devoto Amaranto, vate laureato.

Fulgido era il giorno, fulgido lo spirito del nostro mecenate Illustrissimo Visconte Rodoaldo Venturoso e fulgido ancora il piglio dei suoi virtuosi nella perigliosa arte dell’esplorazione, ossia il callido Asbof, il fulgido Icaro, la dotta Belfaga e l’enigmatica Alchamora. A tutto contrasto, algido gelo di nivea fede emanava dalla venerabile candela Ottavia, quand’anche incapace a frenar il copioso rotolar di sudore sull’orbicolare figura dello stimato messer Ronzo.

Sua Eccellenza in tale occasione istituì un premio nella misura di 40 monete zecchine per chi perseguisse ed ottenesse progressi diplomatici nei rapporti con Andreis ammantato di nebbia. E, nella medesima occasione, la candidissima Ottavia offrì più parca ricompensa, pari a 10 ori, per notizie circa i fenomeni negromantici caratteristici del costume del medesimo paese. Come ogni pio burlanese ben sa, la negromanzia, tra tutte le pratiche magiche, è quella che più trasgredisce e insidia i dogmi della Sacra Luce, in quanto impedisce alle anime dei trapassati di ascendere alla volta stellata così da arricchirla in glorioso lustro.

In accordo alla mira di Sua Eccellenza, messer Ronzo dispose mediante un villico che ci fosse approntato un asino, creatura di gagliarda costituzione, e che venisse caricato di ricchi doni diretti alla gente del paese, fino quasi ad esserne oberato. Riconosciuto l’eleganza sui generis dell’equino, lo ribattezzai all’istante col nome del bardo della leggenda, Timavo, in barba a qual che fosse il rozzo appellativo col quale il villico suo padrone lo chiamò. Tanto era fiera la bestia, che dovetti stendere un lungo e ricco drappo rosso, destinato come dono agli andreani, per convincerla a passare attraverso l’illusorio baratro nei pressi della Confluenza.

Il passaggio della mefitica palude fu privo di eventi, ma botanicamente proficuo allorché identificammo alcuni esemplari di Urtica exanimis, volgarmente nota come “Ortica Morta”, dal quale un balsamo nocivo, il cosiddetto pice, può essere distillato.

Giunti ad Andreis, venimmo ricevuti dall’autorevole anziana Ghisla con gli onori che si confanno a genti della nostra levatura, presso la locanda “Al Vecje For”, che nella lingua corrente significa “Al Vecchio Forno”. I doni vennero apprezzati con modi affatto riconoscenti ed urbani. Fummo messi a parte dell’annosa litigazione e faida perenne che sussiste tra gli andreani e i clan gobblyn del propinquo Bosco Piatto, coinvolgente in qualche guisa, in decenni recenti, alcune statue di terracotta. Non fui capace di cogliere il nesso, giacché la mia curiosità fu attratta dai due sparuti avventori della gargotta, tali signori Miliano Tavan e Solino Stella, andreani d’eccezione, gaudente rampollo della stirpe di Andreis più in vista il primo, mistico per nascita il secondo, sedicente benandante, per la precisione, ovverosia esponente di quella gente la cui natura fu toccata alla nascita dagli spiriti e la cui vocazione naturale è quella di contrastare fattucchiere. Messer Solino assicurò di non professare l’attiva persecuzione di stregoneria da tempo immemore, se non da sempre, per effettiva penuria di clientela, ossia di megere, nella zona. Inoltre accennò come fosse impossibile per gente qual è lui accedere al ritorno post mortem che tanto in voga è ad Andreis, ma non parve crucciarsene in misura eccessiva, anzi felicitarsene in certo qual modo.

Durante la nostra permanenza al paese, avemmo modo di notare la presenza di mezzuomini ivi stanziatisi ultimamente, in seguito a cruento attacco alla loro vicina colonia al limitare dell’acquitrino, i cui i tristi segni già notammo sgomenti al nostro passare.

Con garbata insistenza, convincemmo la nostra recente e neghittosa conoscenza, messer Miliano, ad introdurci nella casa dei suoi padri e alla sua esimia ava e matriarca Raimonda. La vegliarda ci fece dono di centellinata affabilità e prudente cortesia, e potemmo godere del suo accogliente salotto per il tempo che, con dosata ospitalità, ci concesse. Un dipinto, il cui soggetto era il mitico trovatore Timavo, campiva una parete. Sostennero ch’egli fosse il capostipite della schiatta dei Tavan e come alle di lui gesta e al di lui sonoro corno si debba ascrivere la venuta della nebbia sovrannaturale che tutt’oggi cela il villaggio ai nemici, e pure lo cela al fuoco diabolico che annualmente marcia nella valle, a stretta distanza dalle calende dicembrine, nel giorno che i locali chiamano, con temerario volo poetico, la Notte di Fuoco. Collegammo la ricorrenza con lo stoltiloquio del mastro eremita Flavio Tavan, figlio adottivo della potente famiglia, ma oramai altrettanto poco di casa tra i suoi parenti come tra i numi della ragione, non vedendo egli né gli uni e né gli altri da lungo tempo per certo. Ebbi anche occasione di intrattenere la matrona con ballate classiche, ma i temi non ne toccarono, ahimè, le sue corde più intime, né alcuna di quelle intermedie o superficiali, temo. Registro però che Asbof ebbe modo di vedere altri locali della casa, quando ebbe bisogna di rinfrescarsi presso la ritirata, trovandoli alquanto adeguati per dei notabili di provincia, isolati perdipiù.

Subito dopo aver preso congedo, proprio Asbof rinvenne nei paraggi, in modo del tutto avulso, una minuta bottiglia colma di liquido limpido, che prestamente identificai come affine alle magiche acque del Soç, ma maggiormente concentrate e potenti. Si decise di dar le acque in assaggio al Timavo quadrupede, in piena ottemperanza alle leggi in materia di sperimentazioni sulle bestie della Burlanja, ché non trovandovici all’epoca non avevano giurisdizione sui fatti qui esposti. L’effetto fu strabiliante, appurato da un esame condotto dal sottoscritto: il ciuco trovava ora accresciuto a dismisura il senso dell’olfatto, in permanenza.

Bartola Stella, manutentrice e badante dei caratteristici ritornati di Andreis, ci evinse sui recenti rapimenti perpetrati dai clan gobblyneschi di Bosco Piatto ai danni dei suoi protetti. Propose di predisporre, il dì appresso, un raggiro per rifarsi su di loro, profittando proprio di questa propensione al ratto dei viridermi per coglierli in fallo. All’uopo adoperammo lo sprezzo del periglio dei due ritornati Gionni e Pianatto, che precedendoci di alcune misure, fecero da esca presso il torrente Alba, costeggiante il bosco. Il tranello si realizzò bifido come lingua di serpente: un calappio giacchiò la coppia di temerarie salme, ma la nostra trappola, costituita da noi medesimi, si serrò sui ranghi, marziali più del previsto, del nemico. Ad accompagnare alcuni curvi e minuti esseri, affini nell’aspetto generale all’amico Erk, ma dal cuore nero, percorrevano a lunghe falcate il campo della schermaglia alti combattenti che portavano ferri terribili ed armature tutt’altro che sottili. Ma avemmo ragione di loro infine, concedendogli la morte onorevole che la loro vocazione bellicosa esigette. Mi arrogo il privilegio di coniare come neologismo per questa fiera razza, inaudita ma indubbiamente affine al già noto pelleverde, il termine Oltregobblyn: esseri la cui volizione di possanza perpetuamente si ripresenta. A coronamento di ciò, aggiungo solo che il loro capo sfoggiava pitture facciali in fango.

Sulla via del ritorno, Timavo l’equino ebbe occasione di brucare erbe edulcorate dalla magia che l’interezza della valle impregna, il che gli donò una barba che accentuava la sua già ragguardevole dignità. Tornati, non ebbi difficoltà alcuna ad alienarlo per due spicci al precedente padrone. Il pusillanime e superstizioso villico temeva ora l’animale che vide in due giorni portenti che la sua zotica vita sempre avrà preclusi, e che ormai lo surclassava in dignità ed esperienza.

Zoccolo poggiò Timavo sul raso
Omaggio menò che ad Andreis garba
Il Soç gli donò un possente naso
la val lo ossequiò con serica barba

Quindicesima sessione

Missione alla ricerca del paese di Andreis

Gentilissimo notaio, qui di seguito riporterò gli avvenimenti dell’ultima esplorazione effettuata in data 12 giugno dal qui presente Alviss Rossabarba e i suoi impavidi compagni Athanela, Lord Obeauff, Asbof e il nuovo arrivato Gaspare.

Vorrei iniziare comunicandole subito con grande fierezza che il nostro gruppo ha portato a termine la missione: Andreis è stata raggiunta! Ciò non sarebbe stato possibile senza l’aiuto degli avventurieri delle precedenti spedizione, con cui vorrei condividere i meriti e la gloria. Ma ordunque non dilaghiamo e iniziamo il racconto.

Era una giornata piovosa, molto piovosa. Ottima per il rigoglire dei funghi porcini, consiglio una spedizione di raccolta nelle prossime settimana. Ripercorrendo l’ormai nota strada raggiungemmo facilmente la labirintica palude che superammo con altrettanta agevolezza. Per lasciarla alle nostre spalle, attraversammo il villaggetto residenza del mostro aracnoide rinominato da alcuni “Culona”. Curiosamente i resti della deretanica bestia mancavano come anche il pentolone ribollente al centro dell’area.

Usciti dall’acquitrino ci si pose un bivio: andare verso il monte o seguire una strada di fattezze naniche verso un nuovo banco di nebbia. Ad unanimità scegliemmo la seconda. Ci addentrammo dunque nella foschia, che ad onor del vero mi sembrò di un diverso tipo rispetto a quella trovata all’interno della palude. Dopo diversi passi si pose davanti a noi uno steccato in legno con tanto di cancello e audaci decidemmo di entrare. Ahimè, dopo neanche qualche istante un cane iniziò ad abbaiare e dalla nebbia due figure iniziarono a diradarsi. Con nostro sgomento ci accorgemmo che erano due zombie. Senza che facessimo nulla, ci attaccarono e in poco tempo venimmo accerchiati da una squadra di non-morti con tanto di cavallo parlante. Combattemmo valorosamente e riuscimmo ad abbatterne qualcuno (tra cui l’abominio parlante) ma le forze nemiche erano soverchianti. Mi ersi a baluardo dei miei compagni ormai sfiniti, mi feci carico delle loro vite, dei loro sogni e dei loro desideri e combattei con tutto me stesso per proteggerli… ma i nemici erano troppi. Tra un colpo di martello e uno schizzo di sangue sentii le mie membra pian piano abbandonarmi e in lontananza, oltre la schiera di nemici, iniziai a intravedere una calda e accogliente luce che si faceva sempre più viva e forte, tanto da farmi pensar per un istante di abbandonar tutto e raggiungerla.

Improvvisamente, un fischio acuto mi riportò alla realtà. Gli zombie si fermarono e una donna umana spuntò dal nulla. La signorina si presentò come Bartola Stella e ci spiegò che doveva esserci stato un equivoco e che i non-morti non avrebbero dovuto attaccare senza motivo. Dimenticandoci dell’accaduto e un po’ increduli di ciò che stava accadendo, aiutammo Stella a portare Giustino (l’abominevole cavallo parlante) al suo villaggio, niente popo di meno che Andreis (!). Qui ci fece accomodare alla locanda “Al vecie forn”  e venne raggiunta da altre tre donne: Ghisla Abucco, Adalasha Stella e Raimonda Tavan. Quest’ultima molto vecchia, col volto scavato dall’età, quasi scheletrico.

Ci spiegarono che loro fanno parte delle tre famiglie governanti Andreis (gli Stella, gli Abucco e i Tavan per l’appunto) e che i “ritornati”, così chiamano i non-morti, sono parte integrante della comunità da secoli. Compiono lavori, giocano coi bambini e fungono da sistema di difesa del villaggio. La stessa Raimonda Tavan pare essere un ritornato di 200 anni d’età. Tuttavia rimasero molto vaghe riguardo l’origine di questi zombie, l’unica cosa che ci rivelarono è che esiste una relazione tra non-morti e la nebbia e che secondo una leggenda quest’ultima sia stata portata dal bardo chiamato Timavo molti anni orsono.

Inoltre ci accorgemmo che durante la chiacchierata una sorta di rituale stava accadendo in quanto udimmo strani cori provenire dal sottosuolo.

La sera Gaspare intrattenne i bambini con uno spettacolo e successivamente andammo a dormire.

Il giorno successivo visitammo il cimitero del villaggio, la cui utilità mi sembrò superflua per un paese di non-morti, dove trovammo un simbolo ricorrente sulle lapidi e sul fronte dell’edificio centrale, ossia un corno. Alcuni di questi bassorilievi sembravano suggerire che il corno fosse suonato per riportare i morti in vita.

L’esplorazione fu bloccata da Bartola Stella che con premura ci allontanò dal campo santo e ci portò da Puccio Bucco, un vecchietto addestratore di rapaci il quale ci presentò Annalisa, Annasara e Chiarasilvia, le sue tre aquile giganti. Inutile dire che colsi subito l’occasione per accarezzarle, avrebbe dovuto sentire la morbidezza di quelle piume, caro notaio, proprio delle bestie regali e affascinanti.

E così si conclude il mio resoconto. Dopo la tappa al rifugio rapace tornammo sui nostri passi verso Celina e le nostre case, in attesa della prossima avventura. Per quanto mi riguarda, per quanto possa contare l’onesta opinione di un vecchio nano, questa è stata una delle migliori avventure che abbia mai affrontato, ricca di azione e mistero, una storia di amicizia ma anche di sofferenza, di imprese eroiche ma anche di subdoli sotterfugi, di passato e di futuro, di vita e di morte. Spero di non essermi dilungato troppo e che questa testimonianza possa essere utile a chi vorrà indagare i segreti di Andreis.

Ora mi congedo e la saluto notaio, al prossimo incarico.

Alviss Rossabarba

P.S.: Rileggendo il manoscritto mi sono accorto di aver omesso un particolare. Se ve lo stesse chiedendo, sì, il Maestro eremita Flavio Tavan pare essere parente dell’anziana Raimonda Tavan. Secondo quanto riferito, il nano solitario è stato adottato dalla famiglia Tavan secoli fa e che ad un certo punto abbia abbandonato Andreis.

P.S.S.: Consiglio per coloro che visiteranno Andreis in futuro, parlate con un tale Miliano, potrebbe essere detentore di utili informazioni.

Quattordicesima sessione

Missione esplorativa alla Central di dos Flums

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri
Fern, Adam, Ekkyon, Leo
il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Ci siamo diretti nuovamente all’esplorazione della Central di Dos Flums, potendo contare sulle tute gommose protettive ora riparate. La prima stanza della centrale, parzialmente esplorata nella precedente missione, è dotata di una piattaforma mobile che permetterebbe di raggiungere un piano inferiore, se non fosse fuori funzione. Una pianta di grandi dimensioni è attorcigliata al recipiente contenente le Aghe Corinte. Probabilmente disturbata dalla nostra presenza, la pianta ci ha attaccato. Dopo un violento scontro, la pianta si è ritirata al riparo del recipiente. Agli avventurieri che si dirigeranno in futuro nella centrale, consiglio di non interagire con la pianta: ci sono buone possibilità che attacchi solo se disturbata. Concluso lo scontro, abbiamo esplorato tutte le stanze al piano terra della centrale, tra cui: un laboratorio alchemico, contenente vari libri tecnici. Uno di questi è un manuale per “il confinamento e la condensazione della magia”, un processo che sembra correlato alla produzione delle Aghe Corinte. Un secondo libro invece sembra il manuale di un macchinario per l’analisi della qualità delle Aghe Corinte. una sala controllo per il recipiente distillatore delle Aghe Corinte e per la piattaforma che conduce al piano inferiore. Un pannello luminoso indica la mancanza di energia. Ci sono anche varie leve e bottoni, forse per azionare la piattaforma mobile. In una delle stanze abbiamo rinvenuto quello che sembra essere un diario scritto in nanico. Il sottoscritto si impegna a tradurre il contenuto a beneficio delle prossime missioni esplorative.

Al momento l’unica strada agibile per continuare l’esplorazione della centrale è costituita da una rampa di scale che porta ai piani superiori. In passato doveva esserci anche una rampa che conduceva al piano inferiore, ma ormai ne rimangono solo macerie, che rendono ardua la discesa. Avendo esplorato il piano terra della centrale, le prossime missioni possono avere come obiettivo l’esplorazione dei piani superiori della centrale.

La ringrazio per il tempo concessoMi,
Fedelmente,
Fern Gunnhildr

Tredicesima sessione

Resoconto circa la missione del 22 Maggio

Indirizzato all’onorevole notaio, nella speranza che vi siate ripresi dal terribile crimine accaduti venerdì scorso. Mercoledì 22 maggio, il gruppo composto da Belfaga, Alvis, Alchamora, Atanela e Icaro - che scrive questo breve resoconto - diparte alla ricerca del villaggio di Andreis.

Incamminandoci per la strada, prima della Centrale dei Due Fiumi, veniamo fermati da quello che appariva in un primo momento essere un enorme masso bloccante la strada. Avvicinandoci, abbiamo notato che non si trattava di un masso, bensì di un grosso cinghiale addormentato. Nel tentativo di non disturbarlo, ci siamo abbassati nel fiume per costeggiare la strada, ma lo abbiamo svegliato comunque. La bestia non era però aggressiva: questa si è alzata su due zampe, salvo poi seguirci senza attaccarci. Il cinghiale ci ha seguiti fino a raggiungere la Centrale dei due fiumi, per poi smetterla e ritornare sui suoi passi.

Continuammo quindi a percorrere la strada, raggiungendo il ponte, la confluenza tra i due fiumi e infine la Grande Palude, entrandoci per la terza volta e segnando minuziosamente il nostro percorso. Durante l’esplorazione siamo stati attaccati da varie bestie. Il primo scontro è avvenuto con quattro rospi giganti, neutralizzati con successo. Successivamente abbiamo raggiunto un punto in cui la strada era sbarrata da profondi accumuli di fango. La nostra amica e collega Alchamora tentò di raggiungere l’altra sponda sfruttando i tronchi che galleggiavano nel fango, con la sicurezza di una corda retta da me medesimo. Mentre attraversava fu sorpresa, aggredita e trascinata nel fango da un’orribile creatura umanoide. Riuscimmo con uno strattone a trascinare Alchamora sulla sponda, per poi neutralizzare l’orrida creatura. Superammo questa zona per arrivare ad un piccolo villaggio, costituito da tre case scavate all’interno di piccole colline, di fronte a cui era presente un grosso calderone con un contenuto liquido ribollente e del fuoco acceso sotto. Belfaga e Alchamora, seguite da Icaro, controllarono le tre case constatando che sono case per creature di dimensioni più piccole di un comune umani. Alvis e Atanela controllarono il calderone, rischiando l’avvelenamento ma notando che la pozione contiene varie viscere di varie creature. Mentre i miei compagni continuavano a controllare il calderone, uno strano artropode comparve dietro ad Alvis, colpendolo e atterrandolo. Durante il conseguente combattimento notammo che la creatura si allontanava per avvicinarsi ad un albero, al quale era appesa per il collo una creaturina umanoide, ancora viva. L’artropode (culona, ndr) tagliò la corda e la creatura appesa, che si rivelò essere un halfling corrotto della palude, cadde per terra e cercò di aggredirci insieme all’artropode. Le due creature furono uccise rispettivamente da Icaro e Alchamora. Esplorammo poi le tre case alla ricerca di qualche manufatto o traccia di vita. Al loro interno, abbiamo trovato quanto abbiamo già riportato a vossignoria: una campana apparentemente sorda se non per il richiamo di bovini, oltre ad un mantello magico in grado di trasformarsi in un ampio rifugio, che secondo la mia umile opinione sarebbe molto utile a noi e ad altri gruppi di esploratori.

Oltre le tre case, la palude termina in una rigogliosa valle, parzialmente ricoperta di nebbia, interessante luogo per un’esplorazione futura. Il monte Fara ora compariva alla nostra destra, segno del fatto che lo avevamo dunque aggirato attraversando la palude. Prima di ritornare a Celina, per evitare che la stanchezza inficiasse la nostra accortezza, ci siamo concessi un breve riposo.

Dodicesima sessione

Report informativo riguardo alla missione esplorativa nella valle del 19 Maggio

Avventurieri: Adam ███ ██ ███ ██████ █████, Ekkyon, Fern, Leontopodium

Dopo aver eroicamente fermato lo gnomo malefico armato di falce che aveva trucidato tre guardie negli uffici del comune decidiamo di partire verso la “Centrâl di Dôs Flums”, decisi più che mai ad entrarvici.

Armati del bottino delle scorse missioni, la lampadina magica e la tavoletta rinvenuta nella casa di Herk arriviamo alle porte della vecchia centrale.

Decidiamo di interrogarci sul significato delle scritte sulla tavoletta, perchè Miurdio era smemorato, e su quali apparenze non dovevamo fermarci ?

Abbiamo risolto questi interrogativi illuminando la tavoletta con la magica luce della lampadina scoprendo nuove lettere sottolineate, in ordine:

HCAPI

Digitandole sulla chiave della porta proprio come per magia queste si sono aperte, rivelando finalmente l’ingresso della centrale. L’interno si presenta di fredda roccia e metallo, con ingranaggi sparsi qua e la, ma ad attirare la nostra attenzione era l’aria che si respirava, carica di un’energia, un’elettricità…. forse magia?, fatto sta un’aria che fa male!

Abbiamo infatti trovato utilità alle vecchie tute rinvenute nel tunnel nelle scorse avventure, i vecchi nani dovevano usarle per potersi muovere liberamente all’interno di quel luogo, per tal motivo le abbiamo riportate in cerca di un modo per sistemarle.

Ad ogni modo superato l’ingresso si apre un corridoio con due bassi rilievi:

  1. raffigurante una mano che esce dalle nuvole e tende una goccia a due nani in preghiera;
  2. raffigurante due line (forse due fiumi) che si intrecciano formando una goccia e poi si dividono nuovamente andando verso dei villaggi

Superato il corridoio una grande sala con una zona oscura, un buco sembra sulla destra ed un grande recipiente sulla sinistra contenete un liquido simile all’acqua, ma fluorescente e pulsante della stessa energia che percepivamo nell’aria.

Ne abbiamo riportato un campione, purtroppo non siamo riusciti a trattenerci di più anche perché la piccola ██████ █████ ha deciso di leccare un po’ di quel liquido svenendo poco dopo, tipico di una ██████.

E qui finisce il mio reseconto.

In fede,
Ekkyon l’halfling

Missione esplorativa alla Central di dos Flums

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Adam, Ekkyon, Leontopodium il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Il giorno dopo l’incidente al comune di Celina, ci siamo diretti alla Central di Dos Flums, con l’obiettivo di trovare un modo per entrarvi e di esplorarla. La chiave per aprire i cancelli della centrale è nascosta in una tavoletta rinvenuta in una precedente missione esplorativa. La tavoletta riporta una frase in nanico: “aghe corinte no puarte porcijetat” (ovvero “l’acqua corrente non porta impurezze”). A seguito di un’attenta analisi, ci siamo accorti che alcune lettere sono marchiate con un inchiostro speciale, visibile solo sotto particolari fonti di luce. Il codice che si rivela, HCAPI, ha aperto le porte della centrale!

Dall’esterno la centrale sembra estendersi su due piani oltre al piano terra. Prima di accedere all’interno, il sottoscritto si è arrampicato per raggiungere delle finestre ai piani superiori, chiuse da inferriate. All’interno ho intravisto nell’oscurità un paio di studioli e tre armerie. Una stanza ospitava delle cisterne contenenti un liquido blu luminescente. Inoltre, tutte le stanze sembrano pervase da una sorta di energia pulsante.

Conclusa l’ispezione esterna, ci avventuriamo all’interno della centrale. L’aria all’interno è strana, carica di energia. Un pipistrello evocato da Ekkyon come avanscoperta è morto di arresto cardiaco pochi secondi dopo essersi addentrato nella struttura. Entrati noi stessi, ci siamo trovati in un corridoio decorato con bassorilievi. La parete a sinistra raffigura una mano che scende dalle nuvole per porgere una goccia a due nani inginocchiati in preghiera. La parete a destra raffigura una spirale alla cui base fuoriesce una goccia. La spirale si divide in linee che si dirigono verso raffigurazioni di edifici. Entrambe le decorazioni riportano la scritta “Cui che nol semene nol racuei”, ovvero “chi non semina non raccoglie”.

La prolungata esposizione a questa atmosfera carica ha affaticato i nostri corpi. Tuttavia, i danni possono essere limitati indossando delle speciali tute gommose di fabbricazione nanica, rinvenute in una precedente missione. Tali tute sono indispensabili per procedere con. Tuttavia disponevamo di una sola tuta, oltretutto danneggiata. Ciò nonostante, ci siamo avventurati più in profondità fino alla prima stanza. Anche questa stanza contiene una grande vasca piena dello strano liquido blu luminescente. Adam ha recuperato un campione del liquido, per poi svenire, affaticato dall’atmosfera carica. Abbiamo dunque deciso di tornare in città, per prepararci al meglio per una futura esplorazione di questo misterioso edificio.

La ringrazio per il tempo concessoMi, Fedelmente, Fern Gunnhildr

Intermezzo - Incidente a Celina

L’incidente del comune di Celina

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Adam, Ekkyon, Leontopodium, il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

La notte prima della partenza per l’esplorazione della Central di Dos Flums, io e i sopracitati avventurieri ci trovavamo alla taverna “Il sale e la terra”. A un certo punto della notte, abbiamo udito un urlo proveniente dagli uffici del comune. Siamo accorsi immediatamente all’ingresso comunale, dove una guardia sconvolta ci ha avvisato di una creatura che stava compiendo una strage nell’edificio. Entrando nel comune, ci siamo trovati di fronte a una scena raccapricciante: una creatura umanoide armata di falce di fronte al cadavere di una guardia. Abbiamo sfruttato il suo particolare attaccamento al cappello che indossava per distogliere la sua attenzione da altre guardie ferite, e abbiamo ingaggiato battaglia. Lo scontro è stato arduo, ma ne siamo usciti vittoriosi. Sconfitta, la creatura si è rimpicciolita fino a scomparire davanti ai nostri occhi. Ispezionando gli uffici comunali, abbiamo preso atto della terribile situazione: tre guardie sono rimaste vittima della follia omicida della creatura, e una quarta è rimasta gravemente mutilata. La creatura pare essersi originata da un particolare fungo esposto nella notte su un davanzale degli uffici comunali. Tale fungo era stato rinvenuto, circondato da una pozza di sangue, nella precedente missione di esplorazione verso il villaggio di Cjadaldiaul. Vista la pericolosità dei misteri e delle creature della Val Celia, sarà doveroso in futuro prestare maggiore prudenza nel riportare materiale vivente a Celina.

Col cuore colmo di dolore, voglio esprimere il mio più sentito cordoglio nei confronti di familiari e amici delle vittime di questa tragedia.

La ringrazio per il tempo concessoMi, \
Fedelmente,
Fern Gunnhildr

Undicesima sessione

Avventurieri: Fern Gunnhildr, Adam, Leontopodium, Tarlin

Missione esplorativa a Cjadaldiaul

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Adam, Tarlin, Leontopodium il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Preoccupati per la situazione a Cjadaldiaul, abbiamo deciso di partire per una nuova missione verso il villaggio con cui abbiamo perso ogni contatto. Vista le difficoltà nell’attraversare la Val Collera, abbiamo deciso di seguire un percorso alternativo, più lungo e che si districa tra pendii montuosi al lato del Monte Fara.

Raggiunta la valle tra il monte Fara e la montagna adiacente, ci siamo imbattuti nel primo mistero di questa esplorazione. Una fila di sassolini bianchi, ben allineati e molto lunga, taglia in due la valle lungo il suo asse, separando il Monte Fara dall’altro monte. I sassolini sono intrisi di magia, rendendo impossibile spostarli in alcun modo. Sembrano disposti per delimitare e separare tra loro due zone diverse, come un recinto (o forse una barriera?). Non ha comunque impedito alla nostra squadra esplorativa di attraversarla indenni.

Proseguendo il nostro viaggio, ci siamo imbattuti in una zona dove molteplici massi sono stati scagliati di recente. Probabilmente è stata opera di Orcolat, il cui passatempo è giocare “a bocce” con macigni. Consiglio a tutti gli avventurieri che esploreranno in futuro in queste regioni di prestare molta attenzione a massi che piovono dall’alto.

Il percorso impervio che abbiamo seguito ci ha infine condotto a un punto sopraelevato, da cui si ha una magnifica visuale della valle. Alla nostra sinistra, in lontananza, si apre il lago artificiale sopra il villaggio di Upguur. Sulla sponda più lontana del lago abbiamo intravisto degli edifici. Forse dalla nostra posizione è possibile raggiungere il lago! Tuttavia tra noi e il lago si estende una nebbia fitta e molto localizzata. Sembra molto sospetta, come a nascondere qualcosa, e dà l’idea di non essere di origine naturale. Di fronte a noi si alza una faglia rocciosa molto ripida, la cui cresta sembra ricordare una profilo umanoide. La fila di sassolini bianchi si inerpica su tale faglia. Infine alla nostra destra vediamo il villaggio di Cjadaldiaul.

Abbiamo trascorso la notte in un bosco adiacente a Cjadaldiaul. Dalla nostra visuale del villaggio abbiamo scoperto che Cjadaldiaul è tuttora abitato! Al centro del villaggio svetta un campanile, probabilmente parte di una chiesa del Culto della Sacra Luce, e due pire che irradiano fumo e un debole bagliore. Durante la notte siamo stati sorpresi da due abitanti del villaggio. Siamo riusciti a metterli in fuga celando tutti la nostra identità, ad eccezione di Leontopodium, che è stato tramortito da una magia d’attacco. Uno dei due aggressori trasportava un sacco di carboni rossi, uguali a quelli rinvenuti nella scorsa missione esplorativa in Val Collera dopo aver sconfitto Tizzone Ardente. In mattinata, Adam si è diretto a esplorare il villaggio, abitato prevalentemente da umani, insieme a qualche gnomo e halfling. Le due pire intraviste nella notte sono delle carbonaie, chiamate pojat, dove si produce il caratteristico carbone rosso, che viene impiegato per fertilizzare i terreni circostanti (alterando sensibilmente temperatura e vegetazione della zona). Sospetto tuttavia che questo carbone rosso nasconda segreti e impieghi ben più oscuri.

Ritengo che la presente missione sia stata un successo: abbiamo esplorato nuove regioni della Val Celia, potenzialmente aprendo la strada a nuove esplorazioni in direzione del lago artificiale di Upguur, e abbiamo scoperto che Cjadaldiaul è tuttora abitato, scacciando le peggiori ipotesi sull’incolumità dei suoi abitanti. Tuttavia, oscuri misteri aleggiano su Cjadaldiaul, e nuove investigazioni sono necessarie per fare luce al riguardo.

La ringrazio per la Sua pazienza e per il tempo concessoMi,
Fedelmente,
Fern Gunnhildr

Resoconto della missione del 08 maggio 2024

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Adam, Tarlin il sottoscritto Leontopodium presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

La nostra decisione di partire in data 8 maggio per esplorare il villaggio di Cjadaldiaul è stata dettata dal fatto che abbiamo perso notizie sul villaggio ed eravamo preoccupati. Date le difficoltà nell’attraversare la Val Collera abbiamo deciso di seguire un altro percorso alternativo tra i pendii montuosi al lato del Monte Fara.

Una volta raggiunta la valle del monte Fara ci siamo imbattuti in una fila di sassolini bianchi bloccati magicamente a terra senza alcuna possibilità di spostarli. Questi sassolini separano due zone diverse della vallata creando una barriera. Si pensa che questi sassi possano rappresentare le stelle delle anime defunte in cielo e che per piantare ogni sasso a terra si pensa che ci sia voluto un sacrificio. Questo non ha impedito alla nostra spedizione di proseguire indenni verso Cjadaldiaul.

Successivamente lungo il percorso troviamo degli altri sassi più grandi e comuni che sembra che siano stati lanciati con forza, molto probabilmente ad opera di Orcolat. Sotto uno di questi sassi troviamo una carcassa di un cerbiatto con del sangue sparso a terra. Nel mezzo della pozza di sangue spunta un fungo simile ad una amanita. Adam decide di prenderlo per farlo analizzare successivamente.

Seguendo il percorso siamo arrivati a un punto in cui è possibile avere una visione completa della valle sottostante. In lontananza vediamo il lago artificiale sopra il villaggio di Upguur. Pensiamo di poter raggiungere il lago, tuttavia tra noi e il lago si estende una fitta nebbia di origine artificiale molto sospetta. Alla nostra destra vediamo il villaggio di Cjadaldiaul.

Abbiamo deciso di trascorrere la notte in un bosco vicino a Cjadaldiaul. Dalla nostra posizione è stato possibile scrutare Cjadaldiaul e abbiamo scoperto che è abitato. Durante la notte nel terzo turno di guardia ho visto due figure avvicinarsi. Una di esse trasportava un sacco di carboni rossi uguali a quelli rinvenuti precedentemente nella scorsa missione. Nel tentativo di capire di più su di loro sono stato scoperto. Sono stato tramortito con una magia d’attacco mentre i miei compagni sono stati abili a metterli in fuga, a non farsi vedere e infine a salvarmi. La mattina successiva Adam si è recato nel villaggio per esplorarlo, scoprendo che esso è abitato perlopiù da umani con la presenza di qualche gnomo e halfling. Le pire che avevamo già intravisto la sera precedente sono delle carbonaie utilizzate per produrre il carbone rosso, esso viene utilizzato come fertilizzante nei campi adiacenti al villaggio ma sembra che nasconda anche utilizzi più oscuri di questo.

Successivamente siamo rientrati nelle nostre dimore contenti delle scoperte effettuate durante la nostra missione. Sicuramente saranno necessarie nuove esplorazioni e investigazioni per scacciare l’alone di mistero che aleggia sopra Cjadaldiaul.

La ringrazio per la cortese attenzione

Fedelmente

Leontopodium

Decima sessione

Avventurieri: Belfaga, Asbof, Alviss Rossabarba, Yukirei, Toyur (Lord Opeauf)

Resoconto della missione del 05 maggio 2024

Le storia che vado ora narrando, racconta di 5 valorosi avventurieri e delle loro gesta: Alviss, Asbof, Belfaga, Yukirei e il rabbioso lord Opeauf, nuovo a questi racconti.

Era primo pomeriggio nella temperata val Celia, e davanti ai nostri avventurieri si aprivano più strade. Gli animali che popolavano questa misteriosa valle li videro risalire e costeggiare il fiume, fino a raggiungere la vecchia centrale e, ancora oltre, la confluenza tra il fiume Celia e quel rivolo fangoso che è il Melassa.

In questo luogo gli avventurieri, abili ed esperti, notarono qualcosa dalla strana apparenza: dei ciottoli sulla strada venivano tagliati di netto dalla parete rocciosa. Effettivamente, la parate in realtà non c’era. O meglio: si vedeva, ma non era solida al tatto.
Al di là dell’incorporea parete, i cinque trovarono un burrone, ostacolo insormontabile, almeno in prima apparenza. Ma era veramente quello un burrone? Era forse una trappola? Dei piccoli sassi si notavano, sospesi nel vuoto, come normalmente ricoprono una strada. Il piccolo e irsuto gnomo fu mandato in esplorazione, sorretto dal suo coraggio, dalle corde e dai propri compagni. La strada era invisibile alla vista, ma pur c’era!

Superata la doppia trappola illusoria, la compagnia proseguì risalendo il torrente Melassa, ora divenuto fiume fangoso, che pian piano aumentava in larghezza, fino a coprire l’intera piana. Qui, le cime degli alberi spogli rumoreggiavano, solo qualche traccia di sole appariva, la nebbia densa ricopriva quelli che già altri chiamarono la Palude della lepre e del coniglio.

Il malessere e la tristezza di questo grigio luogo invasero anche i nostri eroi, che erano sempre più stanchi di camminare nel denso e viscido fango. Insetti e zanzare velenose li colpirono, ma loro anche se stanchi e avvelenati proseguirono.

Per non perdersi, sapienti, decisero di segnare la propria strada su degli alberi. Ma Ahimè, un tronco largo come una torre iniziò a scricchiolare e gemere dal dolore!!! “Chi mi ripagherà il danno?!” urlò l’albero in vita. Certo non fu piacevole per questa creatura essere tagliato, ma i nostri amici furono lasciati andare, anche se non si fecero un nuovo compare.

Sempre più stanchi e affranti, i 5 proseguirono fino a raggiungere un luogo abbandonato. Una vecchia capanna dal tetto di paglia fece capolinea dalla nebbia. Ovviamente, tutti si arrischiarono a dare un’occhiatina alla vetusta dimora, anche perché qualcosa di magico e attraente sembrava richiamarli. Davanti a loro si aprì uno strano ambiente, fatto di bambole di pezza, umanoidi e di lepri e conigli. Certo, non si aspettarono che una bambola inquietante potesse prendere vita e attaccarli!! A nulla servirono giavellotti, frecce e asce. Solo il fuoco della maga Belfaga riuscì a incenerire l’inquietate essere magicamente animato!! Scampati al pericolo tornarono ad osservare la capanna. Vi trovarono un disegno lì abbandonato raffigurante tre figure riunite intorno ad un calderone. Nel disegno vi erano anche riportati i nomi, ma chi fossero esattamente queste singolari creature non è mai stato chiaro.

Passata la notte e abbandonata la stanchezza, era ormai il tempo di tornare indietro in fretta. La strada fu stranamente ricoperta di fortuna: monete d’oro e un’ascia furono recuperate. Ad un tratto si apriva una raduna nel bosco e là nel mezzo, un oggetto appariscente illuminava di flebile luce il suo intorno. Un medaglione luccicante era lì abbandonato. Raccoglierlo fu un’impresa ardita, impossibile, in quella vita.

L’avventura sembrava conclusa, e infatti i 5 esploratori, tornati ormai nella forra del Celia, si recarono nella capanna del goblin Erk, per lasciarli le punte di lance a cui tanto teneva. Poiché la curiosità è sempre tanta in queste occasioni, i nostri amici decisero che una sbirciatina all’interno non poteva certo far male, ma mai si aspettarono di dover il proprio capo grattare.

Trovarono dunque una tavoletta con scritta in nanico che così si può tradurre: “l’acqua corrente non porta schifezze”. Alcune lettere erano addirittura sottolineate! Che fosse la combinazione per aprire la vicina centrale? E quella lampada su quella mensola a cosa mai sarebbe servita?

Sulla pulsantiera a lato del portone della centrale vari tentativi furono fatti:

GEITC

TCIEG

CTIEG

PNXHFUA

Ogni tentativo costava un danno ai nostri amici, che venivano attraversati da una scossa elettrica!! Solo con la tuta elastica e i guanti di Erk ci si poteva proteggere, e certo non se la aspettavano tutta questa corrente. Senza successo, ancora sbirciarono e altre cose interessanti trovarono. Quello che sembrava un registro di turni di lavoro, con ultima data indicata 22/11/1401. Questo riportava dei nomi: Muirdo, Huilkol, Maghdur, Myrrin, Bonnris. Sul retro della copertina c’era scritto: “Caro lo smemorato Muirdo, ti ho lasciato una tavoletta in regalo. Guardala bene, non fermati alle prime apparenze”.

Buone o cattive notizie, gioie e dolori, queste sono le parole che riporto ai miei lettori.

Asbof

Nona sessione

Avventurieri: Fern Gunnhildr, Adam, Rut, Wai-o-Tapu

Missione esplorativa in Val Collera

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri
Fern, Adam, Tapu, Rut
il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Come Lei sa, dalla scorsa estate si sono persi tutti i contatti con il villaggio di Cjadaldiaul. In precedenza venivano inviate periodicamente delle missive da Cjadaldiaul, a firma di un membro della Chiesa della Sacra Luce. Per raggiungere Cjadaldiaul da Celina si deve attraversare la Val Collera. Pare che, in concomitanza con la fine dei contatti, la val Collera abbia subito mutamenti climatici locali, caratterizzati da intense vampate di caldo umido. Sotto Sua richiesta, ci siamo diretti in Val Collera verso il villaggio di Cjadaldiaul.

Inoltrandoci in Val Collera abbiamo subito verificato la veridicità delle voci riguardo al peculiare microclima della regione: terreno umido, vegetazione rigogliosa e adattata agli alti livelli di umidità. La strada attraverso Val Collera è il fondovalle di una forra molto stretta, circondata da ambo i lati da pareti rocciose da cui fuoriesce vapore e in cui soffia un vento molto caldo. Il paesaggio sembra innaturale, rispetto al clima che caratterizza le regioni esplorate finora in Val Celia.

Lungo la strada attraverso Val Collera, all’improvviso subiamo un’imboscata da parte di quattro creature che non avevo mai visto prima! Sono piccoli esseri alati di colore bianco-grigiasto. Attaccano in gruppo, soffiando vampate ustionanti e ferendo con artigli ardenti. La battaglia è stata ardua, anche perchè, quando sconfitte, queste creature si disintegrano in piccole esplosioni di vapore ustionante.

Ma il peggio doveva ancora arrivare! In alto, da una cavità nelle pareti di roccia adiacenti alla strada, una creatura infernale fece la sua apparizione! Una creatura umanoide, non molto alta, ardente di vivo fuoco. A guardarla bene, sembra composta da carbone ardente. E non aveva una faccia! Non mostrava alcuna emozione, e si muoveva in modo molto meccanico, quasi non avesse una propria volontà. Eppure il suo intento omicida era chiaro. La creatura, che abbiamo deciso di nominare Tizzone Antropomorfo, risulta particolarmente debole all’acqua, ed è anche grazie a un uso sapiente dell’acqua del fiume che siamo usciti vittoriosi dall’ardua battaglia. Sconfitto, il Tizzone Antropomorfo si è dissolto in strani carboni, rossi nonostante non più ardenti.

C’è qualcosa che mi ha turbato, a partire dal peculiare microclima della regione fino alla comparsa di Tizzone Antropomorfo, come qualcosa di oscuro che incombe sulla valle, e forse anche sul villaggio di Cjadaldiaul. Purtroppo non abbiamo potuto verificare la condizione in cui versa Cjadaldiaul. Molti bagliori di fuoco si sono accesi lungo le pareti della valle, alla conclusione della battaglia. Provati dall’arduo scontro contro Tizzone Antropomorfo, non eravamo in grado di sostenere ulteriori battaglie, e la strada verso Cjadaldiaul minacciava molteplici pericoli.

Alla luce di queste scoperte, ritengo più che mai urgente fare luce sugli oscuri misteri che sembrano avvolgere Val Collera e Cjadaldiaul.

La ringrazio per la Sua pazienza e per il tempo concessoMi,
Fedelmente,
Fern Gunnhildr

Nella terra dei fuochi

Cjadaldiaul chiamava e noi accorremmo, ignari delle brucianti scoperte che ci aspettavano. In realtà Cjadaldiaul non si faceva sentire da un po’ e anche noi ce la prendemmo comoda: partimmo nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per arrivare all’imbocco dell’acrimoniosa Val Collera. Eravamo in quattro, con Fern, Tapu e Rut a farmi compagnia quando calò il buio sul nostro campo.

La mattina del giorno seguente, 25 aprile, ripartimmo alle prime luci dell’alba alla volta del silenzioso villaggio. Mettendo piede nella forra ci inverstì un’insolita arsura e folate di vento caldo. Senza prestarci troppa attenzione proseguimmo finché da sottili spaccature della roccia sopra le nostre teste sbucarono degli allegri spiritelli alati, traslucidi, come fatti di fumo. Dico allegri, ma certamente non simpatici. Improvvisamente ci assalirono con sbuffi di vapore cocente. Quando sembravamo stare per avere la meglio su di loro, dalla stessa fessura si sporse un omino di carboni ardenti, che non esibiva alcuna espressione sul volto, ma dimostrava un odio acceso verso noi intrusi. Provammo, con successo, a spegnere il tizzone antropomorfo usando l’acqua del fiume che scende nella forra. Contestualmente, provammo a riversare acqua direttamente all’interno della spaccatura da cui originavano i nostri assalitori, per soffocare sul nascere eventuali altre rigurgiti della terra bollente. Dovemmo interrompere il nostro sforzo, quando vedemmo appropinquarsi, da spaccature più oltre per la forra, altri mostri ardenti. A gambe in spalla riuscimmo a perderne le tracce ma, temo, che a chi ci seguirà in quest’esplorazione verrà riservata un’accoglienza ancor più calorosa.

Adam Otter

Ottava sessione

Avventurieri: Amaranto, Alchamora Verdilore, Alviss Rossabarba, Icaro, Yukirei

Note in prosa et in versi circa l’audace spedizione del die XX mensis Aprilis

vergate dal Vostro devoto Amaranto, vate laureato.

Nella pur fresca mane del recente, primaveril giorno in questione, si unì alla compagine dei vostri servi ossequiosi, ovvero al sottoscritto cronista, alla lesta Yukirei, alla mistica Alchamora e al folgorante Icaro, un valoroso di nobile schiatta nanica noto come Alvis, che proprio qui nell’istante della mia vergata battezzerò per le leggende postere Alvis il Rosso. Per inciso, egli è savio in materia di antiquità et fervente collezionista di esse, le naniche in primis; palese dunque l’interesse nella perduta civiltà della Valle.

Marciando e risalendo i flutti del rapido Celia, tornammo alla dimora di nanesca foggia, dirimpetto al ferreo portone che sbarra il soglio della Centrale dei Due Fiumi. Scoprimmo, a conferma dei sospetti che si animarono in me nella mia precedente sortita, che qui prende intermittente alloggio la giovine et gioviale creatura Erk, comprovato alleato della fulgida iniziativa esplorativa Viscomitale. Grazie all’ormai noto rituale della Comunione Escreativa, fummo edotti da lui sulla direzione per il segreto paese di Andreis, su cui, però, ad esclusione di quest’ultima null’altro sapeva.

Ci mise in guardia rispetto ai pericoli che affliggono i luoghi che avremmo dovuto attraversare con queste vivide filastrocche gobblynesche, tradotte in lingua corrente dal servo vostro, il quale si diletta anche, talvolta, d’istudi demologici.

Arriva la lepre
Scappa scappa scappa
Arriva il coniglio
Scappa scappa scappa
I sogni ti voglion mangiare
Torna torna nella capanna
Sotto il letto, puoi respirare
Ma non andare a nanna

Su per la montagna
C’è una nebbia fitta fitta
Se senti una lagna
Corri, il mostro non aspetta!

La suggestione primitiva di tali componimenti non ci frenò affatto. Salutammo il buon selvaggio, promettendo punte di lancia metalliche, le quali, mi sento di consigliare Vostra Signoria, rappresenterebbero un efficace dono diplomatico, atto ad ingraziarci i superstiziosi compatrioti della creatura, che le spedizioni future dovrebbero astenersi dall’impressionare con esibizione di magia o analoghi portenti.

Ordunque, la pista che dalla Centrale porta alla Confluenza tra il Celia e l’affluente Melassa risale il primo fiume lungo la sponda sinistra. In tal Confluenza, due ponti successivi balzano i corsi d’acqua alla volta del villaggio di Upgur e della Pietra del Cielo, benché questo possa solo presumerlo, in quanto il sottoscritto e i valorosi che accompagna mai imboccarono la manca via. Come il gobblyn ci anticipò, nessuna strada virava costeggiando il Melassa (nomen omen, più che fiume si potrebbe dire rigagnolo di fanghiglia), sebbene un tempo esistesse, quindi decidemmo di calarci nell’angusto botro del fiume. Ivi condussi ricerche volte ad identificare la natura dell’acque dense e le mie conclusioni competenti sono che la lentezza infonde questo liquido. Inoltre una rapida esplorazione dei dintorni portò alla luce una conduttura convogliante parte del liquame nelle viscere della montagna, forse nella Centrale stessa? Prematuro ipotizzarlo, ma la tentazione è forte.

Risalendo la forra poco più a monte, sulla sponda mancina, trovammo un muro roccioso che si rivelò essere mera illusione arcana. Il vostro cronista stesso, coi suoi propri lumi, addentro l’illusione, vedette come una larga mancanza nella sponda, come se Cucchiaio Divino avesse fatto del costone stesso la sua crostata, scavandolo. Se una squadra di maestranze del genio potesse installare dispositivi atti a colmare la larga fessura, foss’anche una lignea passerella, l’accesso alla palude (di cui tosto narrerò) sarebbe agevole per le successive iniziative di spedizione.

A monte del denso Melassa un ampio acquitrino si dispiega, immondo e ripugnante negli aromi e allo spirito, la sua melma risucchia il passo, la fitta caligine oscura lo scrutare e inficia l’orizzontamento del più esperto esploratore. Ma qui ci portava la nostra via, e con coraggio ci perdemmo, ahimè letteralmente, nei suoi meandri. Le tacche sulla lignea scorza dei traviati alberi, con cui cautamente segnavamo il tragitto, si volatilizzarono in sovrannaturale sortilegio. Finalmente raggiungemmo un’angosciosa figura, oggetto dalla filastrocca del giovine Erk: una lepre nera, dal vacuo occhio demoniaco, sinistramente mansueta nello scenario oppressivo. Rigurgitando un ferreo filamento, inflisse un sortilegio a mastro Alvis, il quale perse il senno e il capo, ora sormontato da una corona fluttuante creata dall’empio filamento, in una furia omicida che volse ai suoi più prossimi, ovvero i fraterni compagni d’avventure.

Il mio buon messere sempre civile
Capo cinto in leporin filamento
Bocca schiumosa di bava e di bile
Il vil maleficio rese cruento

Contro i suoi stessi compagni ostile
Menò fendenti col grosso strumento
Riparò il reprobo al covile
Si dolse Alvis: “Amici, mi pento!”

Se l’atro leprotto immondo ci graziasse per pietà delle nostre misere persone imbrattate di fango, se invece giuocasse celiando malignamente con noi oppure ancora se temesse le nostre capacità marziali, non ci fu dato sapere, ma tirammo il fiato con sollievo quando si dileguò. Ma i nostri affanni non erano ancora terminati per quel meriggio: dopo tempo alcuno, ci scorse ad arrancare nella melma un grande figuro tremolante, come di un omone limaccioso et ligneamente corticato, assente e privo del nume dell’intelletto. Seguì aspra pugna, condita di immondi rigurgiti di brulicanti bissi dalle fauci della creatura. Ma la violenza del Rosso campione, ora sobrio di malefici, ne ebbe ragione.

Perquisizioni successive portarono alla luce resti di una fibbia sul mostro, portante effige di noto marchio di concia e pelletteria artigianale (D&D, ovvero Decorazioni & Dettagli), ancora in attività nelle epoche contemporanee. Se ne deduce prontamente che il mostro era costituito di sfigurati resti, umani forse, di morto, se non fresco (e definirlo “fresco” sarebbe volo poetico che nemmeno audace bardo quale il vostro ossequioso oserebbe), quantomeno non antico. Il nostro condottiero nanico reclamò la testa dell’orrido abbattuto come trofeo. Avrei consigliato profusamente trattamenti sanificanti e deodoranti prima dell’esposizione, ma il destino aveva altre mire: la nostra ritirata fu ardua, tanto che non scriverei queste righe se non fosse per l’eroico intervento dei miei valorosissimi compagni di imprese. Costò al valoroso Alvis il recente trofeo, smarrito nel pantano che lo generò, e a me, me misero!, la mia preziosa perla, inestimabile ausilio nello studiare magicamente (in ottemperanza, va da sé, alla deroga comitalmente sanzionata) le stranezze di questa perigliosa valle al servizio della Signoria Vostra. Sarebbe ausilio apprezzato alla speditezza delle spedizioni future se la vostra ineguagliabile Potenza me ne fornisse un sostituto momentaneo, nell’ottica del successo della Grande et Lungimirante Impresa Viscomitale.

In chiusa, prendo rispettoso commiato allegando ulteriori due stanze di quello che, presso i posteri, mi auguro, diverrà noto come “Epopea di Alvis il Rosso, che due volte perse il capo nel medesimo meriggio”, dedicato alla Vostra gloria di Visconte mecenate.

Incapace a sgomento et a paura
Capo di lignea scorza recise
Ma celata nel fango era Sventura
Certo la sorte quel dì non gli arrise
Ivi sperduto nell’ostile Natura
Vagando per direzioni indecise
La densa melma lo stivale stura
Fato volle gloria e testa divise

In merito alla spedizione del 20 aprile 2024

Anche per questa missione mi sono permessa di redarre dei prospetti, non del tutto accurati nella scala delle distanze, né artisticamente ricchi, ma spero utili per la preparazione di esploratori futuri. In calce lascio anche delle brevi note, che esulano dalla pura geografia delle zone.

Ci eravamo incamminati al mattino con l’intenzione di esplorare le zone dell’antica strada nanica oltre la centrale, alla ricerca di indizi sull’ubicazione del villaggio di Andreis.

Erk avvisa di stare lontani dal villaggio dei goblin, che a quanto pare non sono ben disposti nei nostri confronti. Inoltre, ci ha confermato che i goblin parlano solo goblin e che odiano sia usata con loro la telepatia. Per comunicare con loro è necessario un rituale che consiste nello sciacquarsi tutti a turno la bocca con dell’acqua del Celia, sputare quest’acqua in un contenitore e poi fare un secondo giro bevendo il liquido: a questo punto tutti coloro che hanno partecipato al rituale dovrebbero essere capaci d’intendersi. Lo stesso Erk ci indica una strada che dovrebbe portare verso l’abitato di Andreis; tuttavia ci avvisa anche che questo percorso, in particolare la zona della palude prima e della nebbia che circonda il villaggio poi, è molto pericoloso.

Le acque del Melassa sono lente e fangose e non sembrano ospitare alcuna forma di vita; supponiamo siano la causa delle strane macchie del lago Soç e del Celia. Pensiamo anche che il tubo che risucchia queste acque dopo la prima ansa del fiume, risalendo dalla confluenza, porti le stesse alla centrale, per poi depurarle e riversarle nel Celia. Tuttavia, per ora, questa è solo una supposizione.

Arrivata alla palude, la strada si perde e si ritrova di continuo, luoghi nuovi paiono uguali a quelli appena attraversati e ci si ritrova in zone già esplorate convinti di non avervi mai messo piede prima. Abbiamo comprovato sulla nostra pelle la veridicità di quanto ci era stato raccontato da Erk: la palude è un luogo immondo in cui esser colti impreparati potrebbe facilmente risultare letale. A nulla è valso il nostro tentativo di tener traccia del percorso segnando gli alberi, un sortilegio ha cancellato anche le incisioni lasciate dal nano Alvis. Date queste premesse, non garantisco che il percorso tracciato nella mappa sia effettivamente quello da noi intrapreso quel giorno, è solo una tentativo di ricostruzione dei miei ricordi. Spero sia comunque, ameno in parte, utile.

Alchamora

Settima sessione

Avventurieri: Adam, Ekkyon, Fern Gunnhildr, Fûc, Myosotis

Al villaggio di Upguur

Era giunta l’ora di reincontrarsi con il nostro nuovo amico Erk, tutti gli auspici erano in nostro favore e il piano era stato meditato con prudenza. Lui ci aveva fatto sapere che il loro Vosnà era disposto a incontrarci e noi l’avevamo avvertito del nostro arrivo con uno scambio di drappi. Era la mattina del 10 aprile e ci trovavamo nello stesso luogo in cui quattro giorni prima ci eravamo salutati, quando cautamente Erk si sporse fuori dal fogliame e ci salutò. Il nostro gruppo (Ekkyon, Fern, Fuc e io) si era riunito e si era aggiunta a noi anche Myosotis.

Erk ci avrebbe condotto dai suoi simili a patto di un’altra dimostrazione della nostra abilità nel disporre dei pericolosi aracnidi nella zona. Ci spiegò che l’unica via percorribile per il loro villaggio richiedeva di scendere da un crepaccio, guadare il torrente e tornare a salire al livello della vecchia strada. Questo poiché la strada era infestata da atroci ragni, di cui ci sbarazzammo prontamente.

Il tratto interdetto coincide con il luogo in cui il torrente è raggiunto da un altro piccolo rivolo scuro che, a tutti gli effetti, sembra essere latore dell’acqua tossica che inquina il lago più a valle. In effetti iniziamo a capire quanto l’acqua domini la zona e quale importanza avesse per il regno dei nani. Poco più indietro, infatti, la vecchia strada attraversa il torrente con un ponte in pietra, che sotto di sé nasconde lo sfogo delle acque della Centrâl di Dôs Flums, il cui imponente portone si staglia poco innanzi. La maggior parte della portata viene dalla centrale, che colleziona acqua più a monte per rilasciarla qui. Anche il tubo di Aghecorinte, che accompagna gli avventurieri lungo gran parte della strada, qui si immette nel fianco della montagna. Chissà cosa avviene nei meandri della Centrâl! Il portone ne custodisce gelosamente i segreti dietro centimetri di saldo acciaio, protetto da marchingegni e fatture naniche. Sembra che per accedere serva una parola chiave, ma attenzione a tentare avventatamente! Gli invasori sono puniti con scariche fulminanti.

L’ultima manifestazione del dominio dell’acqua su questa regione ci si è rivelata silenziosamente, al volgere di una curva del sentiero che si inerpica su per la montagna quando la strada inizia a scomparire nella vegetazione. Un’immensa diga, liscia e verticale, blocca la vista e domina il paesaggio. Certamente opera dei nani, la diga cela un vasto lago, le cui acque sono convogliate nella centrale idrica per scopi ancora ignoti. Il bacino corrisponde per taglia ed esposizione alla descrizione che F. Brolo dà del lago di Farcis, che sicuramente ci aspetta dall’altro lato.

Stregati dall’imponenza dell’opera nanica neanche ci accorgemmo di essere arrivati al piccolo villaggio di Upguur. Nascosto nel verde all’ombra della diga, il villaggio si compone di qualche decina di capanne, rudimentali ma efficienti come tutte le cose ben integrate nel loro ambiente. Il villaggio sembra infatti nascosto nell’ambiente boschivo da cui viene generato, più che occultato dalla ricercatezza di un luogo protetto. È chiaro già dalla sua collocazione che Upguur non ha mai conosciuto la guerra. Dopo poco, quando gli occhi si abituarono alla vista, scorgemmo le tante testoline dei bambini, che costituiscono la maggioranza della popolazione, e ci fu chiaro, come poi ci confermarono, che Upguur non ha visto più di una decina d’inverni. L’atmosfera è solare e rilassata, con i bambini che scorrazzano da tutte le parti e gli adulti alle prese con attività molto più vicine ai bisogni essenziali della popolazione di quanto avviene nella nostra civiltà.

Erk ci portò al cospetto dell’anziano del villaggio, di nome Uk, che salutammo con rispetto e ascoltammo parlare della storia del villaggio e della sua vita. Il loro popolo si identifica come Goblin, e loro sono una costola del clan di Bosco Piatto, un più vetusto e aggressivo villaggio da cui si sono separati anni or sono. Dopo qualche peregrinare sono giunti alla diga, che hanno divinizzato come “Pietra dal Cielo” (Upguur, nella loro lingua), e hanno deciso di stanziarsi qui. Tra le varie cose, Uk ci ha confermato che il lago è tuttora abitato da sirenetti (nani adattati alla vita acquatica) che abitano quella che dev’essere stata l’antica Farcis. La valle e le montagne che la circondano continuano a mostrarci che, nonostante gli apparenti pericoli, la vita sa adattarsi e proliferare anche in condizioni apparentemente scomode e inospitali per chi è cresciuto nel nostro mondo imborghesito.

Tutto sommato, gli abitanti di Upguur ci sono sembrati accoglienti ma allo stesso tempo, memori delle violenze vissute a Bosco Piatto, molto sospettosi dell’influenza che contatti con altre civiltà possono portare. In particolare il loro attuale Turbuluk, Kurk, si è dimostrato molto diffidente nei nostri confronti, facendo nascere una discussione che ha coinvolto anche noi e che si è conclusa con un perentorio ordine di lasciare il villaggio. Non dubito che, con più calma, alcuni di noi possano allacciare rapporti sereni con il villaggio, ma non credo che i Goblin saranno mai d’accordo ad aprirsi alla nostra società indiscriminatamente. Questo complica in qualche modo le nostre esplorazioni, vincolandoci a evitare la zona d’influenza dei Goblin, e quindi la diga.

Ci consoliamo con l’idea che, finalmente, possiamo dire di aver trovato Farcis.

Adam Otter

Missione diplomatica a Upguur

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri
Fern, Adam, Ekkyon, Fuc, Myosotis
il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Come Lei sa, abbiamo ricevuto il messaggio concordato con Erk per accedere al suo villaggio. Ci siamo inoltrati in Val Celia, oltre il tunnel precedentemente esplorato, fino a incontrare Erk, il quale ci ha annunciato che avremmo avuto il permesso di visitare il suo villaggio, a patto di mettere in sicurezza una parte della strada che porta al villaggio stesso, attualmente infestata da ragni che uccidono chiunque la attraversi.

Procedendo lungo la strada, abbiamo raggiunto un portone di metallo: riporta la scritta “CENTRAL DI DOS FLUMS”! Il portone è estremamente resistente, e sembra impossibile forzarlo. C’è però un meccanismo a tastiera: 12 tasti, ciascuno associato a una runa nanica. Immagino che serva inserire un codice per sbloccare l’entrata. Ho cercato di analizzare il portone da vicino, ma ho fatto scattare un allarme e un sistema di sicurezza che ha elettrizzato la porta, ferendomi.

Abbiamo poi proseguito il cammino lungo la strada, fino a raggiungere una strettoia cinta da alte pareti di roccia. Questo luogo era l’obiettivo della nostra missione! In questa strettoia siamo stati attaccati da dei ragni di piccola taglia, e da un ragno gigantesco! La battaglia è stata molto ardua, e il ragno gigante si è dimostrato una minaccia potenzialmente mortale. Aveva anche la curiosa capacità di teletrasportare al suo “nido” coloro che colpiva con il suo veleno. Io stesso e la prode Myosotis siamo caduti vittima di questo sortilegio. Alla fine della battaglia abbiamo raccolto dei resti dal cadavere del ragno gigante, come prova del successo della nostra missione da presentare al villaggio di Erk.

Guidati da Erk, abbiamo raggiunto il suo villaggio. E’ un piccolo villaggio di povere capanne circondato da fitti alberi. Siamo stati accolti dal vecchio del villaggio, che ci ha fornito le seguenti informazioni: gli abitanti del villaggio si definiscono “goblin”. il villaggio è nato quattro anni fa, quando questi goblin si sono separati da un clan aggressivo situato in un luogo chiamato “Bosco Piatto”. il villaggio prende il suo nome, Upguur, da un’enorme barriera in pietra che si trova alle due spalle. Abbiamo intuito che deve essere una diga nanica, che forma, dall’altra parte rispetto al villaggio, un lago artificiale, che ospita antiche rovine e una popolazione di umanoidi con facce da pesce. la diga è venerata dai goblin, ed è severamente proibito toccarla. è impossibile risalire la diga per raggiungere il lago artificiale partendo da Upguur. La strada migliore sembra essere da qualche parte vicino alla Central di Dos Flums.

Il vecchio era titubante, ma convincibile, nell’instaurare rapporti duraturi con la nostra città. Di tutt’altro parere invece era il capo villaggio. Upguur è rimasta isolata per centinaia di anni, senza alcun contatto con altri popoli, e loro custodiscono gelosamente la pace derivante da questo isolazionismo. Purtroppo la situazione è degenerata molto velocemente. All’improvviso il capo goblin ci ha accusato di avere intenzioni violente, e siamo stati cacciati dal villaggio: “Andatevene, e non tornate mai più”. E’ con grande rammarico che scrivo queste righe infauste. Difficilmente potremo riallacciare i rapporti con Upguur, e sicuramente non in breve tempo. D’altro canto il villaggio non sembra essere una meta di grande interesse esplorativo: è un povero villaggio, non costituisce minaccia alcuna, e la via è bloccata da una diga invalicabile. Suggerisco a Sua Eccellenza di proteggere per quanto possibile l’isolazionismo di Upguur. D’altro canto, ritengo un enorme successo il ritrovamento della Central di Dos Flums!

La ringrazio per la Sua pazienza e per il tempo concessoMi,
Fedelmente,

Fern Gunnhildr

Report informativo riguardo alla missione esplorativa nella valle del 10 Aprile

Avventurieri, Adam ███ ██ ███ ██████ █████, Ekkyon, Fern, Fuc, Myosotis

Dopo aver preso accordi con Herk ed aver avuto il consenso del Visconte ci dirigiamo al luogo stabilito dell’incontro, poco dopo il vecchio tunnel ormai completamente agibile e (parrebbe) ripulito dai ragni. Come d’accordi incontriamo il bizzarro personaggio verdognolo che comincia a farci strada verso il suo villaggio: Upgur. Lungo la strada ci chiede di poter aiutare la sua gente con una questione spigolosa…. eliminare altri ragni che impediscono il passaggio lungo la strada più breve che conduce al villaggio. Di buon cuore accettiamo, (anche per dare conferma delle nostre qualità come avventurieri e fare buona impressione con gli abitanti del villaggio). Lungo la strada notiamo la presenza dello stesso tubo che era presente nel tunnel, questo è più piccolino, ma segue l’intera strada, strada che Herk ci dice di tenere d’occhio in quanto cito testualmente “SI MUOVE”. Noi non abbiamo visto nessuna strada muoversi, ma l’abitante della valle è lui, magari succede anche questo. Lungo la via vi sono altri tunnel, notevolmente più piccoli di quelli che conducono alla valle, ma notiamo anche grazie a Fuc, essere anche questi di fattura nanica. Proseguendo andando contro la direzione del fiume arriviamo ad un ponte di pietra, praticamente alle pendici del monte Fara, in quel punto il tubo che ci ha seguito per tutto il tragitto entra dentro la montagna, e non l’abbiamo più visto. Mi scuserete per questo modo di spiegare le cose, ma ritengo fondamentale focalizzarsi sulle cose importanti, quindi farò un breve passo avanti nel racconto per poi parlare di quelli che ritengo essere i punti salienti dell’avventura.

Arriviamo al covo dei ragni, e dopo una pericolosissima battaglia, dove chi più chi meno si è valorosamente distinto, contro diversi ragni, di cui veramente enorme (e non lo dico solo io che sono piccino). Li sconfiggiamo, anche grazie all’aiuto della nostra guida Herk, e liberiamo il passaggio, potendo così arrivare al villaggio di Upgur. Lì ci accoglie l’anziano del villaggio Uk, lui come Herk non parla la nostra lingua, per cui abbiamo dovuto rifare il rito dello sputo per poter comunicare (non sono ben sicuro si tratti di magia o di qualche proprietà delle acque della zona).

Vediamo il villaggio di quelli che Uk definisce come, “Goblin”, se ho capito bene, vediamo che sono poco meno cento abitanti circa, armati in modo molto rudimentale, che vivono in capanne e ci confermano essere un popolo gentile, non dedito alla violenza, e non troppo interessante aggiungerei. Uk ci spiega che Upgur vuol dire “Pietra del Cielo” , la pietra arriva effettivamente molto in alto e sembra fare da “diga artificiale (potrebbe essere stata costruita da qualcuno)” a tanta acqua dietro…. ma non lo si può sapere passando tramite il villaggio in quanto non vi sono modi per salire. Uk ci congeda dandoci come ultima informazione il nome del loro villaggio di provenienza “Bosco Piatto”, descrivendolo come un luogo non troppo sicuro in quanto abitato da altre comunità violente. E questo è tutto ciò che ritengo importante segnalare riguardo al villaggio di Herk dal quale poi ce ne siamo andati, in quanto palesemente non interessati ad avere troppi rapporti con noi e privi di particolari informazioni (ed intelletto aggiungerei), hanno però dimostrato molta gratitudine per averli aiutati con i ragni. Ciò che ritengo interessante d’aggiugere e per cui dobbiamo fare un passo indietro a prima dell’incontro con gli aracnidi è stato l’incontro con un grosso portone di metallo, enorme (sempre non solo a detta mia), di sicura fattura nanica che probabilmente funge da ingresso al monte Fara. Non vi siamo riusciti ad entrare per via di uno strano meccanismo che funge da chiave. Il meccanismo sembra funzionare tramite l’inserimento di una combinazione di lettere (ve ne sono 12 totali) per formare una parola…. tuttavia se si sbaglia, come ha fatto Fern ci si becca una scossa e ci si fa male.

Il sottoscritto ha identificato una lettera che Fuc mi ha tradotto come essere la lettera “E”, e non mi sono fatto nulla. Tuttavia per l’impellenza di aiutare Herk ce ne siamo andati senza scoprire altro, ma ritengo che questo sia veramente un buon punto di partenza per poter entrare nella montagna e scoprire chissà quali misteri. Questo è quanto, il mio fedele rapporto si conclude qui.

In fede,

Ekkyon l’Halfling.

Sesta sessione

Avventurieri: Amaranto, Asbof, Athanela, Belfaga, Icaro

Resoconto di Icaro

Prima di lasciare Celina, il nostro gruppo ha incontrato vossignoria e il Visconte, che ci avete informati che il reperto consegnato la settimana scorsa consisteva sostanzialmente in magia condensata in forma di acqua. Siamo successivamente partiti in direzione del lago di Soç, un lago che alterna acqua pulita a chiazze di acqua marrone. I due fluidi sembravano immiscibili, e non si potevano infiammare. Sul fondo del lago erano presenti delle piccole case, come se si trattasse di una piccola città inabissata. Un piccolo pesce, uscendo dall’acqua, saltò molto in alto e diventò gradualmente più grande, salvo poi riprecipitare nel lago e scomparire. Con identify, Amaranto identificò cosa fossero i due fluidi. L’acqua marrone è incantata con Slow, mentre l’acqua apparentemente normale consiste in un misto tra magia sacra (attribuibile, curiosamente, al Culto) e magia molto antica, incomprensibile. Athanela ha deciso di bere l’acqua chiara e, apprendo allucinata disse di vedere in cielo un “vermicello” alato. Un tubo sembrava entrare nel lago, e noi avanzammo seguendo questo tubo per capire dove andasse, ipotizzando che da questo tubo finisse qualcosa nel lago. Il tubo usciva dal lago per poi risalire lungo il letto del fiume che confluisce nel lago Soç. I miei compagni ed io abbiamo quindi seguito il percorso del fiume, percorrendo in salita la forra scavata dal corso d’acqua. Lungo il sentiero, accostando la parete rocciosa, abbiamo evitato una trappola – un rudimentale paletto con appesi dei braccialetti, connesso ad un cappio – salvo poi notare che il tubo in un punto fosse spezzato. In corrispondenza del tubo spezzato, da una media distanza, avvistammo una piccola figura che rapidamente si infilò in un cunicolo nelle pareti della forra. Seguendola, Amaranto ed io ci ritrovammo su delle lastre di pavimento vive, che si risvegliarono, atterrandoci, e trascinando me all’interno della caverna. Prima di essere raggiunto dai miei compagni, mi ritrovai di fronte ad una rana dall’aspetto antropomorfo, che brandiva e agitava minacciosamente per aria un rudimentale pugnale. Iniziò un combattimento con le due “lastre” e la rana, creatura che sembrava avere il controllo della marea all’interno della caverna e che era capace di trasformarsi in un vortice. Durante la battaglia, scoprimmo che le lastre sono al servizio della rana, e che era stato ordinato loro di trascinare all’interno della caverna un singolo animale o umano in modo che la rana lo potesse divorare – come accaduto recentemente ad un cervo, il cui scheletro era presente all’interno della caverna. Asbof uccise la rana, terminando lo scontro. Ritornando sul sentiero, continuammo a seguire il tubo, ritrovandoci di fronte a un alto edificio scavato nella pietra oltre a un ponte che attraversava il fiume. L’edificio presentava sulla sua facciata la scritta, in nanico, “Centrale dei due fiumi”. Di fianco alla struttura si poteva osservare una piccola dimora che, in seguito ad una ispezione ravvicinata, sembrava essere una struttura nanica – per le dimensioni – inabitata da una specie rudimentale che ne aveva modificato le porte e gli infissi, dall’aspetto molto rozzo. Altro indizio di ciò è il disordine che caratterizzava la casetta. Sul retro della casa, aprimmo la serratura di una finestra, ritrovandoci in un bagno. Al suo interno, era situato un gabinetto utilizzato come “porta lance” a mo’ di vaso. Nel bagno era anche presente una lanterna, connessa con dei sottili cavi metallici a delle leve, apparentemente sconnesse ad altro. Uscendo dalla casetta, ritornammo dinnanzi alla facciata dell’edificio principale, di fronte ad una porta parzialmente danneggiata, con sopra l’insegna “Pericolo, ZAP-ZAP”, con a fianco una pulsantiera con lettere naniche che, se tradotte, risulta come nel riquadro che riporto qui.

P I N
X H F
T C U
E A G

A questo punto, arrivato il tramonto, siamo ritornati verso Celina, e passando nuovamente di fronte al lago, ho raccolto dell’acqua pulita e presumibilmente “incantata” nella mia borraccia, che consegno a voi nella speranza che possa essere meglio studiata.

Egregio Visconte Rodoaldo Venturoso

La sottoscritta Belfaga si accinge a redire il presente resoconto a nome anche degli altri avventurieri: Icaro e Asbof di cui ha avuto il piacere di far conoscenza durante il nostro incontro antistante la dipartita, e i già noti Amaranto e Athanela.

Decidemmo di ripercorrere il sentiero che conduce al Lago Soç dove, una volta giunti sulle sue sponde, ci interrogammo a lungo sulle sue strane acque, esitanti sul da farsi e riluttanti sul toccarla.

Amaranto decise di provare ad identificare dapprima la parte più scura di queste macchie, infilandoci la mano dentro per prenderne una manciata. La mano, inaspettatamente rimasta intonsa, ci permise di descriverla come intrisa della magia “slow”. Invece, la parte più chiara dell’acqua apparse contenente tracce di magia ignota, similare alla Sacra Luce ma non del tutto identica.

Recepita questa informazione, Athanela, presa da momentaneo coraggio, bevve l’acqua chiara: inizialmente pareva dall’aspetto sano, finché le pupille si dilatarono e iniziò a ridere indicando un punto in aria, dicendo di vedere un umano o vermicello che volava con ali. Contemporaneamente, nella stessa zona in cui precedentemente trovammo i cervi, vedemmo un movimento che poteva sembrare di cervo ma troppo lontano per decifrarlo con sicurezza.

Tornata in sé, riprendemmo così la via per il tunnel.

Ringraziamo la ditta di Paiolo di gnomo Emma per aver provveduto a rimuovere la frana e posto un sostegno di legno all’ingresso per renderlo più stabile.

Usciti dal tunnel, proseguimmo sulla strada davanti a noi alla cui sinistra si ha una parete rocciosa mentre sulla destra il fiume e, oltre questo, un’altra parete rocciosa.

Sul lato roccioso alla nostra sinistra, il tubo continua a percorrere tutta la via e camminando,

incappammo su un paletto con sopra qualcosa di luccicante, tipo anelli, dall’apparenza innocuo, la cui manifattura pareva arte grezza. Dopo un po’ di esitazione, decidemmo di afferrarlo e immediatamente il bastone scattò penzolante attaccato ad un albero posto in alto, similarmente ad una trappola.

Lungo la strada ci fermammo a guardare una rottura nel tubo che pareva non solo incrinato ma anche spezzato, quando vedemmo qualcosa che entrava in una piccola insenatura all’interno della parete e, quasi in contemporanea, il pavimento sotto di noi si mosse, ai mattoncini che lo compongono sbucarono occhi, zampette e un piccolo corno. Questi fecero cadere Amaranto e Icaro che vennero da loro tirati all’interno di una piccolissima insenatura all’interno della parete rocciosa, similarmente ad una grotta, al cui interno si presentava un piccolo laghetto, la carcassa di un cervo e una rana antropomorfa ricoperta da una sostanza circa gelatinosa. Seguì uno scontro contro gli animati mattoncini e la rana, durante il quale il livello dell’acqua si alzò fino a mezzo busto e si creò un molinello all’interno del lago in cui la rana poté tranquillamente nuotare. Fortunatamente ne uscimmo vincenti e uccidemmo la rana, di cui teniamo il corpo.

Infine, proseguimmo lungo la via arrivando fino ad un ponte che, superando il fiume, congiungeva la strada all’altra parte della parete rocciosa. Due grandi strutture si ergevano davanti a noi: una più grande riportante sulla facciata la scritta “centrale dei due fiumi” da cui usciva il tubo che ci ha sempre accompagnati, e un’altra più piccola, similare ad un’abitazione, entrambe dall’aspetto dismesso. Decidemmo di andare a bussare alla porta della simil-abitazione ma nessuno rispose, allora guardammo dalle finestre del pian terreno e notammo una stanza similare ad una cucina con una stufa e stoviglie, mentre sul retro era presente una stanza con gabinetto al cui interno erano riposte lance dalle punte metalliche e una lanterna di vetro, così come quelle presenti nel tunnel, da cui escono tubi metallici collegati a delle scatoline metalliche che presentano diversi bottoni.

Avvicinandoci invece alla centrale, notiamo una scritta sul grande portone metallico: “pericolo ZAP ZAP”. Di fianco a questo, si presenta una pulsantiera composta da tasti:

PIN
XHF
TCU
EAG.

Quinta sessione

Avventurieri: Adam, Ekkyon, Fern Gunnhildr, Fûc

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Adam, Ekkyon (e il topino Ferdinando), Fuc, il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

La ringraziamo nuovamente per aver condiviso con noi le informazioni contenute nel libro che è stato rinvenuto nella precedente esplorazione della galleria che conduce in profondità nella forra. Sono stato colpito in particolar modo dalla registrazione di un incidente avvenuto il 2 Febbraio 1403, che sembra in qualche modo collegato a una misteriosa “Central di dos flums” e al fatto che “non servono più acque laggiù dopo l’incidente”. Che si riferisca a un’antica città caduta in rovina? Magari alla stessa Farcis? Il libro riporta anche un simbolo che non avevo mai visto, una sorta di goccia stilizzata, associata alla parola Aghe Corinte (traducibile dal nanico in acque correnti). La Val Celia nasconde ancora molti misteri che attendono solo di essere decifrati!

Dopo aver accettato la missione di esplorazione delle terre dall’altro lato del tunnel, abbiamo lasciato Celina per iniziare la nostra avventura. Ci siamo inoltrati nel tunnel attraverso l’ingresso aperto durante la precedente missione esplorativa. Al suo interno abbiamo trovato una conduttura di metallo dotata di rubinetti, e molte lampade, incise con il simbolo delle Aghe Corinte. La mia ipotesi, ma non ho alcuna prova al riguardo, è che si tratti del logo di una specie compagnia commerciale, magari la stessa che ha costruito il tunnel e la conduttura. Sia la conduttura sia le lanterne sono in disuso, e una fonte di luce risulta necessaria per inoltrarsi nel tunnel.

Durante l’attraversamento del tunnel, veniamo attaccati da dei ragni. In realtà non erano una grande minaccia (dovrò ringraziare i valorosi avventurieri della precedente missione per aver ripulito la galleria dagli esemplari più minacciosi, se dovessi incontrarli alla taverna cittadina!). Hanno però tentato di derubarci del generoso anticipo di cui Sua Eccellenza ci fa dono all’inizio di ogni missione, ma sono stati puniti per tale affronto! Ritengo che il tunnel sia ora in completa sicurezza.

Usciti dal tunnel, la forra si presenta come una stretta gola circondata da pareti rocciose piuttosto impervie. Un torrente, che più a valle si immette nel lago poco fuori Celina, scorre a lato della strada. Vorrei far notare che l’acqua di questo torrente non presenta le macchie scure che invece abbiamo riscontrato nel lago durante le precedenti missioni. Procedendo lungo la strada ci siamo imbattuti in un ragno gigante (era disgustoso, ben più grande di un essere umano!) che inseguiva una creatura umanoide che non avevo mai visto prima. E’ piuttosto bassa, vestita di stracci e male equipaggiata. In realtà tale creatura stava cercando di attirare il ragno in una rudimentale trappola, ma si è presto trovata in pericolo di vita. Siamo così intervenuti e abbiamo eliminato la minaccia a otto zampe.

Inizialmente la creatura umanoide non parlava la nostra lingua, e nessuno di noi capiva la sua. Dico inizialmente perché abbiamo poi assistito a un prodigio! Su indicazione della creatura, che sembrava ben disposta nei nostri confronti, beviamo dell’acqua del torrente mischiata alla nostra saliva, e subito siamo stati in grado di comunicare tra noi! Riesco appena a concepire le potenzialità di una simile proprietà traduttiva! Ma torniamo a noi. La creatura, di nome Erk, viene da un villaggio di nome Upguur. E’ stato da poco nominato un nuovo capo (carica nota come “turpuluc”) al villaggio di Erk. Il prode neo eletto ha dimostrato tutte le sue abilità di comando sconfiggendo gli altri pretendenti a una prova di estrema pericolosità: il nuovo capo è colui che ha raggiunto la massima gittata con il suo getto di urina (mi scuso per il turpiloquio, ma non ho saputo trovare parole migliori) (e mi scuso anche per l’ironia, poco professionale, ma non ho potuto farne a meno). Un’altra persona degna di nota al villaggio è un tale “vusnà”, una sorta di vecchio saggio. E’ stato lui a insegnare a Erk delle proprietà traduttrici dell’acqua.

Giungiamo ora alla parte più delicata di questo report. Abbiamo preso accordi con Erk per introdurci al suo villaggio. Riteniamo che il presente gruppo di avventurieri sia il più indicato per condurre il primo contatto con questi esseri, avendo conquistato la fiducia di uno dei suoi membri. La riteniamo la decisione più prudente, visto che non abbiamo alcuna informazione riguardo ai loro atteggiamenti nei confronti degli stranieri. Avrà anche capito che queste creature non sono particolarmente intelligenti, e sembrano attratti da oggetti luccicanti (Erk ha mostrato interesse verso delle monete d’oro regalategli da Adam). Se Sua Eccellenza, nella sua larga generosità, potrà incrementare il nostro anticipo pre-missione, da usare come dono per il villaggio, sono confidente che riusciremo a costruire amichevoli e durature relazioni con queste creature. Forse, in futuro, tutti gli avventurieri di Celina potrebbero trovare ristoro in questo villaggio durante le loro avventure, con innumerevoli vantaggi per tutta la cittadina.

La ringrazio per la Sua pazienza e per il tempo concessoMi, Fedelmente, Fern Gunnhildr

Resoconto dell’esplorazione della vecchia strada della Val Celia

Redatto dal nano Fûc, avventuriero e bibliotecario presso la Fornace di Pleif

Abbiamo seguito le tracce del precedente gruppo di avventurieri lungo la vecchia strada della Val Celia. Come loro, anche noi siamo entrati nel tunnel nanico dove è stato trovato il registro. All’interno del tunnel abbiamo trovato diversi artefatti nanici risalenti a secoli fa: indumenti di un materiale sconosciuto e lanterne il cui funzionamento purtroppo non ci è completamente chiaro. Sulle lanterne inoltre era inciso il simbolo associato all’Aghecorinte:

Dalle mie conoscenze del nanico antico sospetto che il significato letterale della parola Aghecorinte sia acqua corrente, ma purtroppo non siamo stati in grado di capire a cosa esattamente i nani si riferissero con quel nome.

Sfortunatamente il tunnel era ancora infestato da mostruosi ragni interessati a depredare chiunque passi da lì del proprio oro. Abbiamo perciò deciso di mostrargli in cosa consiste l’antica filosofia nanica del «si tu mi robis l’aur, te copi.» e adesso siamo orgogliosi di dire che la popolazione di ragni all’interno del tunnel è calata drasticamente.

Una volta usciti dalla galleria abbiamo scoperto che l’acqua del lago diventa un torrente, con la vecchia strada che riemerge e prosegue a lato di essa. Poco più avanti ci siamo imbattuti in un essere mai visto prima, dalle dimensioni confrontabili con quelle di Ekkyon ma di aspetto completamente diverso. Era inseguito da un ragno gigante, e noi abbiamo deciso di intervenire per salvargli la vita.

Oltre, sulla vecchia via dei nani

“Le persone a questo mondo non capiscono mai nulla di nuovo, reinterpretano solo quello che già conoscono” - mentre salivamo su per la collina di Celina, mi tornavano alla mente le parole di un mio insegnante di gioventù. Era il giorno 6 aprile 2024 ed eravamo di nuovo in cammino per rintracciare la perduta città di Farcis, questa volta più in là lungo la vecchia via dei nani. Eravamo in quattro, Fern, Ekkyon, io e un nano di nome Fuc che, se non fosse stato per i baffoni, sarebbe potuto passare per umano. Guidati dai resoconti dei nostri compari avventurieri ci siamo diretti al tunnel e l’abbiamo comodamente attraversato per giungere dall’altro lato.

Fui quasi rassicurato che, nonostante le nostre bonifiche, il mondo al di là della collina continui a riservare sorprese. Vidi la fine del lago, che meraviglia! Lì l’acqua è sufficientemente pulita da lasciar ammirare la ripida roccia che si stringe attorno alla vecchia strada e lascia spazio solo ad una sottile striscia d’acqua che più in là assume il tipioco carattere torrenziale dei fiumi in quota. Dentro il tunnel, invece, tanti i segni dell’ingegneria nanica che non notammo l’appropinquarsi di una moltitudine di ragnetti cleptomani. Fuc e Fern, accecati dall’onta del furto, furono rapidissimi nel recuperare i loro averi a discapito dei ragnetti. La cosa curiosa è che i ragni in qualche modo percepiscono la presenza dell’oro, persino quello nascosto nelle borse! Chissà se tale senso sarebbe un potere o una maledizione nella nostra civiltà.

Usciti dal tunnel riprendemmo la strada vecchia per andare incontro ad una trappola che era sicuramente troppo in bella vista per essere indirizzata a noi. Subito infatti ci raggiunse il trambusto di un omino che, inseguito da un ragnaccio brutto che niente aveva da spartire con quelli nel tunnel, saltò agevolmente la trappola e ci lascio cadere la bestia. Facemmo così la conoscenza di Erk, piccolo cavernicolo verde. Bruttino a dire il vero, ma simpatico! Ci raccontò delle loro difficoltà con i ragni e la fauna tutta nella zona . La vita qui è molto più dura per chi non ha il privilegio di tornare in paese a fine giornata. La vita di Erk è molto semplice e si basa su tradizioni chiaramente meno elaborate di quelle umane, ma parimenti creative, oserei dire. Venimmo a sapere che i suoi simili sono organizzati in un piccolo villaggio in zona e che hanno una visione molto più fluida del concetto di comando, in quanto il loro “Vosnà” cambia più volte in un solo mese. Ci lasciammo con la promessa di instaurare rapporti amichevoli anche con il resto della nostra civiltà. Un incontro con il Vosnà è pianificato per la prossima settimana.

E ora di nuovo ripenso alle parole del mio insegnante: lui era un pessimista, rigettato dalla società, e in pochi condividono il suo modo di vedere il mondo, ma le sue aspre parole mi sono rimaste impresse. Guardo l’attuale situazione attraverso uno spesso velo di nebbia, e mi preoccupano le conseguenze delle nostre esplorazioni. Che segno lasceremo su questo mondo? Cosa resterà di questa violenta natura dopo il passaggio nostro e di chi sarà condotto qui dalle nostre gesta? Riusciremo ad adattarci al nuovo ambiente senza plasmarlo in un’altra appendice del mondo che già conosciamo? Temo che dovremo lottare, non solo contro gli ostacoli sulla via dei nani, ma anche con i nostri pregiudizi. Per la prima volta mi scopro a pregare che la curiosità e la voglia di avventura non si trasformino in smania di conquista.

Adam Otter

Quarta sessione

Avventurieri: Alchamora Verdilore, Amaranto, Athanela, Belfaga, Yukirei

Alla cortese attenzione del Visconte

L’antica strada è ora percorribile grazie alla riapertura di un tunnel prima bloccato da una frana. In allegato troverà delle mappe dettagliate dei luoghi esplorati; sono anche evidenziati ritrovamenti o incontri particolari.

La sua fedele cittadina, Alchamora

Note in prosa et in versi circa l’audace spedizione del die XXIII mensis Martii

vergati dal Vostro devoto Amaranto, vate laureato.

Sia il nostro nobile benefattore Visconte Rodoaldo felice di leggere codeste parole che mi accingo a vergare in ausilio del saggio lume della sua accortezza.

Quel mattino l’astro solare si levò a specchio della mia ispirazione, la quale mi condusse presso l’uffizio del Doctor Magister Messer Ronzo. Certo nel trovare ivi compatta compagine di vigorosa virilità, pronta ad assoggettare la lussureggiante val Celia con la forza del villoso petto e del possente braccio, non celerò quale schiaffo al mio morale fu l’assodare che la compagnia constava (oltre del sottoscritto) di quattro giovini dame. Ma rivelo tosto che errai nello stimare scarsamente la capace Alchamora, la valente Athanela, la nobile Belfaga e la lesta Yukirei, di cui mi accingo ad illustrare le imprese. Come ebbi modo di apprendere nei resoconti di chi ci precedette nella Valle, seguendo il sentiero giungemmo dapprima al turpe lago Soç, il cui traviato stato permane tuttora. La via mancina ci dischiuse la nostra prima, inquietante, congiuntura.

Giaceva maculato, la bestia più docile
picciol cervo dai neri occhi pieni
rispecchiati sul pelo delle acque luride
celavan i loro intenti più osceni.

Sebben cucciolo, tentò un sortilegio
il cui fallimento non estinse il suo spregio
una pietra col suo rombo calò dalla china
spinta da ugual perfida bestia, vicina.

La mia sodale Athanela travolta
dal masso senza avvisaglie
amaramente ingiuriava, ai rei rivolta
“Ahi voi! Ungulate canaglie!”

Il nefasto incidente ci inasprì gli animi, e volevamo perseguir vendetta contro le infami belve in fuga, ma decidemmo di non desistere dal nostro alto intento e riprendemmo la via. Poco avanti scorgemmo una sagoma imboscata nella macchia e cautamente l’avvicinammo. La bassa figura di nanesca genia et argentata senilità mi mosse a speranzosa fiducia e inducendomi ad avvicinarmi al nonnino con intenti fraterni, sebbene fosse d’armatura catafratto, pur senza esibire ferri in bella vista sulla sua figura. Ebbi l’onore di far conoscenza con Mastro Flavio Tavan, nano di distinto contegno, eremita. Egli afferma che il vicino villaggio di Andreis (che sorge nella Valle stessa, se ben intesi) gli diede natali secoli or sono, ma che la condizione odierna dell’abitato gli è sconosciuta, non tornandoci da lungo tempo. Conscio del marciume che affligge le acque del Soç, sostiene che gli animali ne sono corrotti e non si sgomentò quando riferimmo di esser stati vittime degli infidi cerbiatti. Infine, in crucial riguardo alla nostra missione, ci segnalò l’esistenza di un’apertura, utilizzata per aggirare il segmento del sentiero poco più avanti, sommerso negli inquinati flutti del lago. Il franco parere del Vostro devoto agente è che il Tavan sia pio eremita, a cui la lunga solitudine speculativa ha aperto prospettive di pensiero luminosissime, ma al contempo ne ha offuscate talaltre, alcune delle quali necessarie al limpido ragionare. Faticai inizialmente a convincerlo che non fossimo demònii, com’egli postulava, ma creature di mondana natura; inoltre la sua dichiarazione (che riporto nelle sue esatte parole) di “essere morto” è ammantata di ambiguità: si tratta di mera ed ermetica posizione filosofica, che esige esegesi, o intendeva egli puntualmente le sue parole? Se quest’ultimo fosse il caso, dobbiamo dedurne che è il senno del poveretto ad essere morto oppure che è lo spettro del Tavan quello che vedemmo? Una cosa posso affermare, sull’onore del mio naso: il Tavan non emanava il nauseante olezzo che i morti, empiamente animati o meno, spandono nell’aere. Detto questo, né io né il mio naso abbiamo preso Sacri Voti, di conseguenza non siamo competenti in queste materie, quindi il mio umile consiglio a Sua Signoria e di rivolgersi a persone di chiesa. Preso commiato dal venerando nano, proseguimmo nel nostro cammino per un tratto, fino a giungere al punto in cui la via si getta nel Soç. Li accanto notammo i segni di una recente frana. Eccelsa lungimiranza la Vostra, nel concedere amnistia per le proibite Arti Magiche nell’adempimento del nostro incarico! Lungimirante, altresì Liberale e Legittimo! Infatti servendoci di tali Arti riuscimmo a sgomberare la massa detritica in tutto agio e in tempi limitatissimi. Ma nel cunicolo apertosi ci attendeva una non lieta sorpresa.

Partorito dal buio buco ronzò sciame
di tafani rapaci e rigonfi color nero catrame
bere di noi volevan il sangue, gli occhi e le ossa
ci vidi in un lampo destinati alla fossa.

Non ne ebbero il tempo e in un baleno
anche le loro vite vennero meno.
Le elfe ci mostrarono con veemenza
il forte carattere della loro discendenza.

La spaziosa galleria era percorsa nella sua lunghezza da una conduttura metallica, su cui erano installati ad intervalli regolari vasi in vetro trasparente, simili a lanterne collegate al flusso che percorra il tubo. Flusso le cui tracce potevano notarsi, ma in quel momento affatto esausto. Il coperchio metallico di tali vasi portava sbalzato un simbolo, simile ad una goccia, ma al contempo pure alla fiamma di una candela, quindi di alterna valenza simbolica presso popolazioni, sia estinte che contemporanee. Fui in grado di raccogliere un rimasuglio della sostanza immonda che insozzava uno di tali vasi, il quale campione affido alla cura di Messer Ronzo. Studiando le proprietà ingegneristiche del condotto, che andava a tuffarsi nella terra, non abbiamo potuto constatare dove giungesse. Che termini sul fondo del lago o che prosegua fino alla sponda opposta sono congetture di egual validità, che non abbiamo potuto verificare. Una spedizione attrezzata a vagliare il fondale del Soç o, in alternativa, uno scavo profondo, potrebbero essere d’uopo. La lunga buca prosegue diritta, interrotta da una breve scala che porta ad una stanza allagata, la quale è dotata di un portellone metallico rinforzato, che, secondo nostri calcoli accurati, previene il completo allagamento delle camere sotterranee ad opera del Soç, che preme oltre tale chiusa. A chi seguirà il nostro tragitto segnalo, un poco oltre tale scala, un crepaccio, che nella penombra rischia di inghiottire l’incauto che non la noti, e una colonia di Mygalomorpae Enormis, da noi scacciata. Come insegnano le filastrocche che si insegnano ai bambini di Celina:

Grossa e grassa mamma ragno
di delicato elfo ha fame
ma i conti non ha fatto
con gli inviati del reame!

Con l’appiccicosa tela
lei cattura la sua cena
ma i conti non ha fatto
con la torcia e la candela!

Grazie a zanne avvelenate
le sue prede ha addormentate
ma i conti non ha fatto
con le dure bastonate!

Contro gli sciami di figli voraci
le armi normali sono inefficaci
ma i conti non han fatto
con l’olio infuocato dalle braci!

Il mio timore, come un dotto istruito al comando quale Vostra Signoria certo saprà, è che i parassiti sono facili a decimarsi, ma ardui da debellare. Non escludo quindi che questi raccapriccianti aracnidi infestino ancora alcune sezioni del passaggio sotterraneo. Mi compiaccio di confermare che il cunicolo sbuca, come miravamo a verificare, in prossimità del luogo in cui il sentiero emerge nuovamente dal fiume, che già poco più a valle si muta nel putrido lago. Minacciando il giorno di volgersi a notte, ci dicemmo soddisfatti delle nostre indagini e ripercorremmo il tragitto in senso opposto. Durante il ritorno i nostri cuori furono colti da subitaneo orrore alla visione di un fatto strano e terribile: quattro cervi adulti, disposti in perpetuo moto circolare sincronizzato, come un innaturale carosello nella selvatica imitazione di una fiera di paese. Il portento fu visto da noi nelle vicinanza dell’agguato, ad opera di quella che è quasi certamente la loro demoniaca prole, risalente a poche ore prima. Scossi da quella visione, trovammo il coraggio di proseguire sulla nostra via fino all’accogliente Celina.

Terza sessione

Avventurieri: Fûc, Leontopodium, Myosotis, Tarlin, Wai-o-Tapu

Resoconto avventura del 15 marzo

Caro Visconte Rodoaldo Venturoso,

Ieri 15 Marzo 2024, dopo aver salutato voi, il notaio Maifrado Ronzo e Sir Galadrim e aver ricevuto le preziose gemme, Tarlin, Tapu, Leo, Fûc, ed io ci siamo incamminati verso il Lago Soc, per andare a cercare e salvare Elena e Burdun. L’avventura è stata bella intensa, e qualcuno di noi ci ha quasi lasciato lepenne , ma con successo siamo tutti tornati a casa sani e salvi, con nuove scoperte, curiosi oggetti e creature, ma soprattutto, Elena e Burdun, yurraaà!!

Andando in ordine, quando siamo arrivati al Lago e ci stavamo per tuffare, un enorme gufo è passato davanti a noi per rapire dei ratti e poi è sparito. Per fortuna non ci ha visti, dato che era grande quasi il doppio di un nano! Strano fatto comunque!

Prima di buttarci in acqua, abbiamo legato tre corde ad un albero e le abbiamo portate giù nel lago, legandole poi ad un masso sott’acqua. Devo anche dire che appena arrivati abbiamo notato che le macchie scure nel lago si erano un po’ ristrette, altro strano fatto!

Scesi giù nel lago, dopo aver mangiato la solita poltiglia di pesce dalla conchiglia, abbiamo trovate le case di cui ci avevano parlato Adam ed Ekkyon, tuttavia, nessuna traccia di Elena e Burdun, così come degli scheletri messi in posizioni teatrali nelle case. Abbiamo però notato che le case erano sia di dimensione umana (porte grandi) che dimensione nanica (porte piccole), e abbiamo deciso (a gesti perché non potevamo parlare sott’acqua), di visitarne 4 piccole e una grande. All’interno non abbiamo trovato molto, delle monetine soprattutto, a parte Jargrim che ha trovato dei barattoli interi di poltiglia.

Ci siamo poi diretti verso un altro quartiere e abbiamo oltrepassato un ponticello. Da lì abbiamo avvistato dei grandi e alti edifici, su cui uno c’era scritto Puerta y prat che significa caserma in nanico, e su un altro ‘porta di dogana’. Mentre ci preparavamo ad entrate da una finestra della caserma, alcuni i noi si sono accorti che una creatura, probabilmente la vecchia signora dell’altra volta, ci osservava nascosta dietro il ponte. Tre di noi hanno subito preso la gemma rossa dato che l’acqua melmosa avvelenata ci aveva molto affaticato ed eravamo troppo deboli per combattere. Nel mentre, la signora, una creatura orripilante, si è rilevata ed ha subito attaccato Tapu il quale è svenuto. Ma grazie alle cure portate dietro da alcuni di noi è subito rinvenuto.

La creatura ha poi creato un pupazzo di alghe simile a me che ci ha attaccato con uno strano incantesimo, simile ad una enorme onda. Per fortuna nessuno di noi si è fatto troppo male. Nel frattempo tutti abbiamo mangiato la gemma, per fortuna, perché da lì in poi è stato un combattimento a colpi di tridenti, mazze, e pugnali mentre lei ci attaccava con ogni sorta di incantesimo! E’ stata dura, ma siamo riusciti a salvarci da questa creatura. Il suo corpo lo abbiamo portato in città avvolto da una coperta, abbiamo pensato sarebbe stato utile farlo esaminare.

Alla fine del combattimento Elena e Burdun sono usciti dalla caserma, che fortuna averli trovati! Gli abbiamo subito dato qualcosa da mangiare e riportati in superfice. La caserma dentro era piena di oggetti, fra cui armature di nani, ma non abbiamo avuto il tempo di esplorarla, speriamo di farlo nel futuro!

Pensiamo infatti sia importante tornare al lago, perché vicino alla caserma abbiamo notato una galleria, purtroppo franata, ma che pensiamo possa portare alla città di Farcis!

Siamo infine tutti usciti dal lago, e mentre Tarlin ci accompagnava con una dolce melodia di cornamusa, Elena e Burdun ci hanno raccontato come sono finiti nel lago. Come immaginavamo, stavano lottando nella testa del nano, quando si è avvicinata la signora offrendogli aiuto. Gli ha dato la sostanza della conchiglia e si sono dovuti così buttare nel lago. Lì la signora non li ha mai maltrattati, anzi, voleva che prendessero il tè con lei, in fondo sembrava volesse solo compagnia, ma probabilmente non aveva capito che non nutrendoli sarebbero morti. Chissà da dove veniva questa povera creatura, perché era rimasta così sola, che cosa ci faceva in quella città abbandonata e sommersa! Tante domande, a cui potremo trovare risposte con altre missioni!

Per ora è tutto, speriamo che questo resoconto la soddisfi, se ha qualche domanda, rimaniamo a sua disposizione.

Cari saluti a presto,

Myosotis

Al candelabro dell’Occhio del Lapislazzulo di Pleif.

Sua luminosità, le mie ricerche in Val Celia iniziano a dare risultati. Come le avevo accennato mi sono unito ad un gruppo di avventurieri assoldati dal Visconte Rodoaldo Venturoso, figlio del conte di Celina. Qualche giorno fa insieme ad un elfo, uno gnomo, un mezzuomo ed un nano sono tornato ad investigare i misteri del lago Soç, con l’obbiettivo di salvare i due soldati di Celina dispersi. Essi erano tenuti prigionieri nelle profondità del lago da una malvagia creature dalle sembianze di un’anziana signora. Così ci siamo tuffati e abbiamo trovato le rovine di una antica città. Sebbene ci fossero prevalentemente abitazioni naniche, ce n’erano altre con ingressi più grandi, sicuramente non appartenute a dei nani. Forse ad elfi o ad umani (Mysionotis, l’elfa, mi dice che tale squallore non è riconducibile ad una dimora elfica). In mezzo a queste rovine non c’era traccia di scheletri posizionati in strane pose, nè tantomeno dei due soldati dispersi (come riferito █████ ██████ █ dal bambino pallido). Decidiamo allora di indagare ulteriormente le oscurità di questa antica cittadina distrutta e ormai sommersa e, dopo aver attraversato un vecchio ponte, finalmente riusciamo a capire dove siamo. Su un grande edificio dinnanzi a noi giganteggiava una scritta in nanico con il nome della città: Puer-tai-prât. Scopriamo dalle insegne che questa un tempo era una caserma e un’antica postazione di dogana. Scorgiamo inoltre, accanto a questa caserma/dogana, un tunnel nella montagna. Molto probabilmente in passato veniva usato per arrivare fin qui ed era il punto di ingresso verso qualcosa di molto più vasto… Ne sono convinto, credo di aver trovato il luogo di cui parlava Farco Brolo nelle storie dei sui viaggi: da qui si accedeva alla magnifica città di Farcis! O almeno, dovrebbe essere da qualche parte qui nei dintorni.

C’è un sentiero sommerso, prima di attraversare il ponte ed arrivare qui, che porta verso l’altra estremità del lago. Sono sicuro che lì si trovi Farcis e che lì troverò una candela per illuminare le tenebre che avvolgono la storia di questo mondo.

La meraviglia per ciò che avevo scoperto è stata subito interrotta dall’arrivo della vecchia strega (o qualunque cosa sia). La Sacra Luce illumina il mio cammino: già una volta ero riuscito a scacciare questa creatura ed ero sicuro di poterlo fare di nuovo. Tuttavia il mio cuore non ero pronto a ciò che videro i mie occhi: le sue sembianze, già di per se mostruose, erano state talmente sfigurate e modificate dal potere della mia luce che ormai pareva uno scheletro deforme e indemoniato. La strega mi ha subito riconosciuto e dopo aver farfugliato una qualche maledizione, sono caduto privo di sensi. Ma non era ancora arrivato il mio momento e la Sacra Luce mi ha riportato in vita sussurrandomi dolci parole. Allora mi sono preparato ad affrontare la megera, ma i suoi artigli hanno affondato talmente in profondità nella mia carne che sono nuovamente caduto privo di sensi. Era evidente, però, che morire qui non era il mio destino e la Sacra Luce mi ha ridato la scossa necessaria per rialzarmi e combattere. Ed è in questo momento che sono riuscito finalmente a sconfiggere questo essere immondo con la mia Fiamma Sacra. La vecchia però, nei suoi ultimi istanti di vita, mi ha guardato con occhi pieni di solitudine e tristezza. Abbiamo allora subito trovato i due soldati morenti nascosti nella caserma e li abbiamo curati per poterli riportare in superficie. Qui ci hanno raccontato di come, dopo essere scappati dal gigante, siano stati trovati da questa strana vecchia che li ha costretti a fare attività con lei e a tenerle compagnia nelle profondità del lago. Gli scheletri posizionati come se fossero ancora vivi, i due soldati lasciati in vita, il suo sguardo prima di morire. Questo essere, quando ancora era umano, deve aver patito la solitudine più di altra cosa e l’unica cosa che cercava era il calore della compagnia di qualcuno. Nei suoi stracci ho trovato degli strani legnetti a forma di cuore con delle biglie al centro (una bianca e una nera). Forse in passato ha conosciuto l’amore ed era tormentata ancora adesso per ciò che aveva perduto? E’ stata maledetta dal suo stesso tormento o da qualcos’altro di più oscuro e antico? Non penso avrò mai una risposta. Spero che almeno adesso riesca a trovare un po’ di conforto nel calore della Sacra Luce.

Torniamo in città, con i due soldati e con il suo corpo avvolto in un lenzuolo. Ci potrebbe aiutare a risolvere il mistero della maledizione che ancora affligge l’acqua del lago e, forse, affliggeva il suo cuore.

Wai-O-Tapu (Tapu, per gli amici)

Seconda sessione

Avventurieri: Adam, Ekkyon, Fern Gunnhildr, Myosotis, Wai-o-Tapu

Resoconto della seconda esplorazione in Val Celia

Sua Eccellenza,

A nome degli avventurieri Fern, Adam, Ekkyon (e il topino Ferdinando), Tapu, Miosotis, il sottoscritto Fern Gunnhildr presenta il seguente resoconto alla Sua attenzione.

Come Lei ricorderà, ci siamo avventurati alla ricerca della città di Farcis. Il piano è di esplorare la montagna che si affaccia sul lago poco fuori Cecina, che una volta all’anno si illumina di fuoco, si dice per opera del diavolo. Siamo anche d’accordo con Sua Eccellenza per prelevare un campione della scura acqua del lago di cui abbiamo discusso nel Suo ufficio poco prima della nostra avventura.

La prima tappa della nostra missione ci porta proprio sulle rive del lago, dove il sottoscritto preleva due campioni di acqua di lago: una boccetta di acqua apparentemente normale e una di acqua scura. Le boccetta in questione le vengono consegnate in allegato a questo resoconto. Ci auspichiamo che Sua Eccellenza intercederà presso Sua Maestà la regina per farle analizzare e per fornirci pozioni e antidoti necessari per poter risolvere il mistero di quest’acqua ripugnante.

Mentre eseguo queste operazioni, vengo caricato da una mamma cinghiale! Le racconto questo inconveniente perchè vorrei menzionare lodi speciali per Miosotis, che con coraggio e prontezza ha deviato la traiettoria della bestia feroce, salvandomi da un doloroso impatto che avrebbe potuto compromettere il mio proseguimento nella missione. La minaccia del cinghiale è stata più dura del previsto. La belva era in preda all’ira, probabilmente perché ci considerava minacce per i suoi cuccioli, e molti nostri tentativi di calmarla si sono rivelati inefficaci. Tuttavia la disavventura col cinghiale ci ha permesso di testare alcune proprietà dell’acqua scura del lago. Abbiamo scoperto che, se bevuta in piccola quantità, causa un lieve avvelenamento. Inoltre sembra applicare un incantesimo di rallentamento (mi perdoni per la pochezza di dettagli ma, come Lei ben sa, non sono certo un esperto di arti magiche).

Poco dopo, all’improvviso, una vecchia signora si avvicina a noi, sostenendo che si stia prendendo cura di due delle guardie scomparse, oggetto di investigazione della nostra scorsa missione. Siamo tutti in allerta. Non c’è nessuna possibilità che ci siamo sbagliati: le guardie erano morte! Io personalmente non ho visto tutti i cadaveri delle guardie. Infatti due di questi sono stati trovati da Gerb e Ekkyon nella caverna del gigante Orcolat. A meno che tali cadaveri non appartengano alle due guardie, ma ad altri malcapitati… Di colpo la vecchia muta forma! Si trasforma in un essere obbrobrioso, mai visto in vita mia! È una creatura orripilante, quasi in stato di decomposizione, con capelli come alghe, il viso decomposto, la pelle squamosa e di strani colori. Alle sue minacce di “portarci a prendere un the con lei”, ci prepariamo all’attacco. Dopo un breve combattimento, in cui affrontiamo l’immonda creatura senza troppe difficoltà, grazie sopratutto al prodigioso attacco di luce di Tapu (tale è il potere che scaturisce da una salda fede nella Sacra Luce?), la vecchia cerca di scappare tuffandosi nel lago. Nel tentativo di fermarla, Adam le si avvinghia addosso, ma non riesce nel suo intento. La vecchia è pesantemente ferita, non mi stupirei se fosse morta. Ritengo che sia necessario confermarne o meno la morte in una futura spedizione, tale è la mortale minaccia rappresentata da quell’essere. Nel tuffarsi, la vecchia perde una strana conchiglia, contenente una melma al suo interno, nonchè avanzi di alghe e pesci. Adam, per qualche strano motivo, ingerisce una piccola quantità di melma. Da questo bizzarro esperimento scopriamo che questa sostanza fa crescere, per un tempo limitato, delle branchie che permettono di respirare esclusivamente sott’acqua. In profondità nel lago, Adam individua le rovine di una città nanica, con scheletri umani in strane posizioni. Vede anche un uomo e una donna, umani, ma con branchie (devono aver ingerito la strana sostanza della conchiglia). Sono deboli e terrorizzati, e si presentano come due delle guardie che credevamo morte nella precedente missione. Sembrerebbe che i due cadaveri trovati da Adam ed Ekkyon nella precedente missione sono due altri malcapitati. Adam e Ekkyon, assicurati a una corda, si tuffano in acqua per cercare di recuperare le due guardie. Purtroppo non riescono nell’impresa. E’ ormai sera, e con il cuore pesante siamo costretti a tornare a Celina, con la promessa di tornare a salvare i due sopravvissuti alla strage di Orcolat.

Sebbene non abbiamo portato a termine la missione per cui ci siamo incamminati, la ricerca di Farcis, riteniamo che la nostra avventura possa essere ritenuta un successo. Abbiamo scoperto l’esistenza di una pericolosissima creatura che infesta il lago, di fatto via obbligata per qualunque missione esplorativa in Val Celia, nonchè individuato le rovine di una città manica che, con un pizzico di fortuna, potrebbe anche rivelarsi essere Farcis. Infine, cosa più importante, abbiamo scoperto che due delle guardie sono sopravvissute, e attendono di essere salvate in fondo al lago.

Il gruppo di avventurieri dichiara a Sua Eccellenza il recupero della conchiglia magica della vecchia. Riteniamo che tale artefatto sia di fondamentale importanza per una futura missione di salvataggio delle due guardie. Richiediamo quindi, sotto la supervisione di Tapu, accolito della Chiesa della Sacra Luce, il permesso di tenere questa reliquia magica. Sono ben consapevole che la magia è temuta e in generale proibita nel nostro regno, ma sono anche convinto che possa essere usata per fare del bene. E Lei converrà con me che l’onnipotente Sacra Luce non può che benedire chi salva delle vite, a prescindere dai mezzi utilizzati.

La ringrazio per la Sua pazienza e per il tempo concessoMi, Fedelmente, Fern Gunnhildr

La vita (e la morte) sotto il lago

Il giorno 11 marzo 2024 ci avviavamo, di nuovo, per il sentiero sopra la collina, nell’intento di cercare indicazioni dell’ormai defunta città di Farcis. Di nuovo ci siamo ritrovati davanti il lago e abbiamo preso la vecchia strada verso destra, verso i ruderi del colosso nanico. Questa volta alla missione si erano aggiunti una giovane elfa dal profumato nome di Myosotis e il morigerato Tapu, alla ricerca della sua luce. Seguivamo Fern, sempre impeccabile, Ekkyon e io. L’intento era di superare la diga e aggirare il monte Fara. Interpretando gli scritti di F. Brolo, la città di Farcis sarebbe dovuta essere dall’altro lato di una montagna crivellata di cunicoli nanici. Ci sembrava ragionevole identificare la suddetta montagna con il monte Fara, che riprende vita annualmente all’inizio dell’inverno. Comunico subito che il resoconto potrebbe terminare qui, giacché non abbiamo trovato alcuna informazione sulla misteriosa città, se non fosse che le interruzioni, che tanto ci hanno rallentato nella ricerca, ci hanno permesso di portare alla luce un abitato diverso ma parimenti interessante.

Eravamo, dicevo, quasi giunti alla diga che ci si parò davanti un cinghiale minaccioso. Subito notammo i suoi adorabili cinghialetti striati, accucciati in un cespuglio al margine della strada. Ci procurammo, quindi, di non ferire mamma cinghiale né i suoi cuccioli, e cercammo invece di farli ricongiungere e allontanarli.

Nella foga dell’incontro non ci accorgemmo dell’arrivo di un nuovo visitatore. Questa curiosa vecchietta, spuntata dal nulla, ci voleva attirare a casa sua per offrirci un tè caldo, e ci intrigò dicendo che lì ospitava da qualche tempo anche due nostri “amici”, le guardie disperse Burdun ed Elena. La notizia non ci sorprese più di tanto poiché in precedenti esplorazioni avevamo appurato che i cadaveri nella caverna del gigante Orcolat erano probabilmente precedenti alle esplorazioni delle due guardie. Nonostante ciò, la vecchietta sembrava nascondere qualcosa e, infatti, alla nostra richiesta di chiarimenti rivelò il suo vero aspetto di nano mutante, dominato dalle decanti vestigia della sua vita terrestre e dai riflessi delle nuove squame. Con prodigiosa solerzia, i miei compagni Tapu, Ekkyon e Fern le si avventarono contro, folgorandola di luce. La creatura, ferita e sconvolta, si rifugiò nel suo ambiente acquatico e io la seguii tuffandomi, per la seconda volta, nella melma tossica. Qui si rivelò ai miei occhi un mondo nuovo, una città sommersa, abitata da un teatrino di ossa. Gli edifici sul versante della forra erano messi piuttosto bene, per essere stati abbandonati da anni, e prosperava di una vita nuova nel nuovo ambiente: alghe e pesci adornavano di colori la vista, e gli scheletri sembravano come disposti a mimare la loro vita precedente. In questo suggestivo panorama spiccavano I corpicini, anch’essi quasi scheletrici, di Burdun ed Elena, che si muovevano quasi impercettibilmente per addentare con debolezza delle lische sul tavolo a cui erano accomodati. Era chiaro che la vita li stesse lentamente abbandonando, nonostante le branchie che avevano sviluppato, a foggia dei nani che li avevano preceduti. Provammo a liberarli, a tirarli su con corde, ma niente, sia loro che noi eravamo troppo indeboliti dalle tossine nell’acqua.

Ormai esausti e minacciati dal tramonto, ci riavviammo verso casa preoccupati dalla sorte dei due ma contenti di averli scoperti ancora in vita.

Adam Otter

Prima sessione

Avventurieri: Adam, Aravine, Fern Gunnhildr, Ekkyon, Rut.

Il mondo dietro la collina: barbarie o civiltà sommerse?

Era mattina inoltrata quando, il giorno 2 marzo 2024, ci incamminavamo verso il limitare di Celina sulle orme delle due spedizioni armate che ci avevano preceduto. La nostra, a dir poco originale, comitiva era guidata dall’intraprendente Arawin, che con il suo sempre apprezzabile colorito naturale complimentava i raggi di sole che finalmente spuntavano dopo la pioggia del mattino. La seguiva a ruota il rispettabile Fern Gunnildr, visibilmente soddisfatto di prendere parte a un’attività così lontana dalla monotonia della vita imprenditoriale. I due si intrattenevano in discorsi gioviali, mentre il resto della compagnia faceva conoscenza. La timida Rut, fuori luogo in paese come una trota in un campo di papaveri, si affiancava al giovane Ekkyon, non meno appariscente nella sua sfrontata ingenuità infantile. In questa formazione li vidi arrivare all’imbocco del sentiero che va su per la collina, dove li aspettavo dopo una breve deviazione per fare rifornimento.

Ci incamminavamo, quindi, sulla giovane via che porta sopra e poi al di là della collina. Il terreno, ancora bagnato per le piogge, non mostrava più i segni delle guardie che ci avevano preceduto, ma era evidente che la via fosse stata aperta non più di qualche settimana prima. Arrivati in cima, al panorama si è aggiunto un dettaglio importante: il fiume Celia, ostruito dalle macerie di quella che ora è la testa di nano sopra Celina, ha riempito la forra formando uno stretto lago, che corre tra la collina e il monte dirimpetto. Lo stretto sentiero scende dritto nel bosco fino alla sponda del lago, dove si allaccia a una via di pietra, decisamente più antica. Questa corre sul versante della collina, circa alla quota del laghetto. Verso sinistra si addentra nella valle seguendo il corso d’acqua, mentre a destra va verso la diga. Noi, diretti alla testa di nano, camminavamo tenendo il lago alla nostra destra. A non molta distanza dalla diga, la vecchia strada ci tradì, scendendo sotto il livello del’acqua e divenendo così inservibile.

L’interruzione ci diede l’occasione di guardarci intorno ed esplorare la zona. Il lago appare calmo e limpido lontano dalla diga ma, man mano che ci si avvicina, si notano zone più scure vicino la riva. A una prima occhiata ci sembrava semplice melma, ma, immergendoci per osservare meglio, si è rivelata la natura oscura, quasi malefica dell’acqua, che ha un effetto tossico sull’organismo. Allo stesso tempo, guardando da lontano, siamo riusciti a scorgere le rovine di quel che sembra un vecchio avamposto nanico nei pressi della diga, e quindi della vecchia statua nanica. In effetti è qui che l’inquinamento dell’acqua è più abbondante, rivelando l’effetto delle oscure macchinazioni dei nani che, probabilmente, ancora vivono sul fondo, ormai adattati alla vita acquatica.

Un’altra evidenza dell’attuale presenza dei nani nella zona ci si è palesata più avanti, all’interno della grande testa di pietra. Uno sguardo attento non può non notare che sul lato destro della barba la testa presenta una rottura, che fa da porta a quel che resta di questa monumentale opera di sorveglianza della zona. Arawin e Fern hanno esplorato l’interno, trovando diverse stanze su più piani, collegate da un sistema di scale che porta fino in cima, agli occhi della statua, dove li aspettavano due guardie naniche, ormai decadute nel fisico ma ancora mosse dall’ostinazione nel loro compito. Fortunatamente, aiutati dalla dolce Rut, i nostri compagni sono riusciti a scaraventare giù per le scale e, così, sbarazzarsi dei nani ormai resi scheletri. Quella che un tempo era la colossale statua di un nano doveva fungere da vedetta e dogana per l’ingresso nella valle che i nani ancora oggi popolano nell’oscurità dell’abisso. I due nani dovevano essere addetti al controllo, quando la statua crollò interrompendo il fiume e allagando l’avamposto. A riprova di questo in corrispondenza degli occhi della statua si trovano marchingegni per scrutare in lontananza e giù per le sue narici scendono trombe per allertare la popolazione nanica in caso d’irruzioni nel loro regno.

Nel frattempo che i nostri compagni esploravano la testa, Ekkyon e io ci davamo da fare con la soluzione del problema che le spedizioni militari prima di noi non avevano saputo gestire. Appena arrivati al cospetto della statua, ci si è palesato l’orrido spettacolo dei cadaveri delle guardie, alcune spiaccicate al suolo, altre appese agli alberi. Erano quattro di loro ed era chiaro che avessero incontrato con qualcosa di molto più grande e forte di loro. Pochi minuti passarono mentre ispezionavamo la scena e confermavamo l’identità dei soldati mandati qui prima di noi, che la causa della loro disfatta ci venne incontro con immenso fragore: una creatura dalle fattezze umane ma enorme, vestita di stracci, si avvicino saltando a piè pari e smuovendo tutta la terra nei dintorni. La natura bestiale di questa creatura ci fu chiara da subito, e il nostro primo istinto fu quello di nasconderci; quando però la sentimmo parlare, a Ekkyon venne in mente di provare la via della diplomazia. Il gigante si chiama Orcolat e ci raccontò così la sua storia che, a dispetto della sua stazza, era piena di bullismo e violenze. Il fratello maggiore, Resettore, lo aveva sempre trattato con disprezzo e sufficienza e persino i pochi civili che aveva incontrato l’avevano assalito. Era stato questo il caso delle guardie delle spedizioni precedenti che, seguendo il loro addestramento militare, avevano prontamente identificato l’ignoto con il pericolo e si erano cacciati in una battaglia che non potevano vincere. In effetti Orcolat si è rivelato di buon cuore, accogliente e disposto a chiedere scusa. Ci ha portati nella sua dimora, un’umile caverna, dove abbiamo trovato i cadaveri di altre due guardie e ci ha mostrato la sua originale collezione di pietre levigate. Che sia d’insegnamento per i governanti, a non istruire alla violenza i propri impiegati, poiché spesso la strada vincente è spesso la gentilezza, e per la popolazione tutta, a guardare con mente aperta alle situazioni inaspettate, senza escludere la diversità perché tale.

Ormai si faceva tardi e, di ritorno dalla caverna di Orcolat, abbiamo ritrovato i nostri tre compagni alla statua con una sorpresa: l’ultimo degli uomini che erano stati mandati qui in esplorazione. Unico a essere riuscito a salvarsi, si era chiuso in una delle stanze della testa di nano ed era riuscito a uscirne solo con l’aiuto dei nostri compagni. A quel punto era ora di prendere la via del ritorno, soddisfatti delle scoperte e del buon esito della nostra missione.

Adam Otter

Rapporto circa il mistero della testa dietro la collina

Sabato 2 Marzo 2024 di buon mattino in cinque rispondiamo al richiamo per la missione del Visconte Rodoaldo Venturoso di indagare riguardo alle sparizioni nei pressi della vecchia testa.

Ci si incontra in uno dei palazzi della Celina per bene, gli aspiranti avventurieri siamo il sottoscritto, Ekkyon l’halfling, una donna tiefling Araween, un umano Fern cittadino di Celina (un po spocchioso), una donna elfo pianta di nome root, ed un tizio ███ ███████████ ███ ██████████████ ██████ ██ ████ █████.

Dopo svariati convenevoli (un po prolissi) il Visconte ed il suo gregario Maifredo Ronzo ci affidano la missione e ci lasciano partire.

L’incarico sembrava semplice, seguire un sentiero preparato dalle guardie della cittá per evitare la strada di rovine che porta su alla montagna, giungere al vecchio lago ed infine arrivare alla vecchia testa gigante di nano per scoprire qualcosa circa le 7 guardie scomparse nei mesi prima.

Arriviamo senza intoppi al lago che costeggiamo notando non poche cose strane, in primis ██ ██████ █████ ██████ ██ █████ ██████████████ ████████████ ██ uno strano fenomeno che rimpiccioliva i suoi pesci dopo averli catturati, poi Root, Araween e Fern intravedono tra le chiazze più scure del lago quelli che sembrano dei resti di un’antica città ( io personalmente non li ho visti, ma la donna pianta sembra affidabile).

Dopo altro cammino nei boschi arriviamo a capire che fine avessero fatto quattro delle guardie scomparse…. Erano morte, ma di una morte brutta, uno è stato trovato sopra i rami di un albero, mentre un altro completamente schiacciato al suolo.

La cosa ci ha un po allarmato, (io personalmente ero curioso) ma non divaghiamo, di li a poco trovammo la testa, era veramente una testa enorme, ma neanche il tempo di ispezionare la zona che ci siamo trovati divisi:

██ ███████ ██████ ███ ██ ██████ io mi nascosi sotto alcuni sassi tra rovine, Root tornó indietro verso la zona dei cadaveri mentre la tiefling e l’umano si nascosero in una fessura nella barba della testa del nano che conduce al suo interno (eh gia abbiamo scoperto che la testa ha un interno, ma io non ci sono entrato e mi limiteró a riportare quanto ha detto chi c’è stato).

Il motivo di questo trambusto furono forti rumori come di terremoto, la cui causa non era la madre Terra bensì un simpaticissimo gigante di nome Orcolat con il quale ho fatto amicizia ██ ██ ██████████ ████ ███ █████ ██████.

Così invece di schiacciarci ██ █ ██ ██████ ci siamo intrattenuti con Orcolat e poi ci ha ospitati nella sua grotta facendoci vedere la sua collezione di sassi….ed anche gli altri due cadaveri delle guardie, che aimè insieme agli altri sciagurati avevano provato ad attaccarlo… oh be la legge della natura, credo.

Ad ogni modo Orcolat è gentilissimo, basta non farlo spaventare, ora siamo amici.

Invece quelli nella testa riportano di aver trovato l’ultima guardia (Sandro che abbiamo riportato a casa con qualche acciacco), diversi antichi marchingegni probabilmente di fattura nanica (ma non ci hanno capito molto)… dicono inoltre di aver combattuto contro degli scheletri di due nani forse animati con qualche vecchia magia (io ripeto non li ho visti, ma Araween era abbastanza ferita quando l’ho rivista quindi chissà).

Questo è quanto, il mio fedele rapporto si conclude qui.

In fede,

Ekkyon l’Halfling.